Android: origini, storia, versioni varianti del robottino verde - TuttoAndroid
Nel 2017 Android è diventato il sistema operativo più diffuso al mondo, superando anche Windows che da sempre deteneva questo ambito scettro. Complice l’enorme diffusione degli smartphone e la presenza del robottino verde in numerose categorie di prodotti, Android è indiscutibilmente il sistema operativo più utilizzato e più importante.
In questo nostro viaggio vogliamo ripercorre la storia di Android, dagli albori al passaggio a Google, attraverso le differenti versioni e innumerevoli aggiornamenti minori, per scoprire i tanti dispositivi nei quali è possibile trovarlo.
- Storia di Android
- Architettura di Android
- Versioni di Android
- Interfaccia di Android
- Aggiornamenti di Android
- Dispositivi con Android
- AOSP
- Varianti di Android
Storia di Android
Era il 2003 quando Andy Rubin, Rich Miner, Nick Sears e Chris White fondarono Android Inc. il cui scopo era quello di sviluppare “dispositivi cellulari più consapevoli della posizione e delle preferenze del loro proprietario“. È solo nel 2005, con l’acquisizione da parte di Google per una cifra vicina ai 50 milioni di dollari, che Android inizia a diventare un sistema operativo per dispositivi mobili, con un kernel Linux.
In realtà Il primo contatto, seppur indiretto, tra Google e Andy Rubin avvenne nella primavera del 2002, quando Sergey Brin e Larry Page, gli storici fondatori del colosso di Mountain View, iniziarono a utilizzare un vistoso smartphone, dotato di un piccolo schermo e di una tastiera fisica in grado di collegarsi a Internet e di utilizzare il noto browser. Si trattava di Sidekick, costruito dalla compagnia Danger Inc., fondata a Palo Alto proprio da Andy Rubin e altri soci.
Archiviata l’avventura in maniera decisamente fallimentare, nonostante il successo raccolto tra gli appassionati, e dopo aver passato alcuni mesi sviluppando un nuovo software per fotocamere digitali, Rubin decise di sfruttare un dominio acquistato alcuni anni prima, android.com, creando un software disegnato per dispositivi mobili e aperto a qualsiasi designer software.
Dopo aver investito tutti i propri averi ed essere ricorso all’aiuto dell’amico Steve Perlman, la società attirò l’interesse di alcuni investitori, in particolare Craig McCaw, uno dei pionieri della telefonia mobile. Durante le trattative Rubin informò Larry Page della nuova potenziale partnership e nel giro di poche settimane Google completò l’acquisizione di Android. La cifra di 50 milioni di dollari rappresenta una stima, visto che la cifra ufficiale non è mai stata resa nota.
Dall’acquisizione da parte di Google ci vollero ancora oltre due anni di sviluppo, partendo da un kernel Linux, da parte del team di Rubin, rimasto nel progetto insieme a Miner e White, prima della presentazione ufficiale avvenuta il 5 novembre 2007 da parte della Open Handset Alliance, nata proprio in quell’occasione. La OHA racchiudeva, e lo fa tuttora, un consorzio di aziende tecnologiche come Google, HTC e Samsung, operatori di telefonia mobile come Sprint, Nextel e T-Mobile e produttori di chip come Qualcomm e Texas Instruments.
Il debutto del nuovo sistema operativo avvenne più tardi, il 22 ottobre 2008 quando venne lanciato sul mercato HTC Dream. Da allora è iniziato un lunghissimo processo di aggiornamenti e miglioramenti che hanno portato Android a essere il sistema operativo più diffuso al mondo, con aggiornamenti costanti che negli ultimi anni hanno raggiunto una cadenza annuale, con minor release rilasciate tra una versione e l’altra.
In maniera simile a quanto accade per Linux, anche Android ha adottato una convenzione alfabetica per identificare le varie versioni. Per le versioni precedenti alla 1.0 vennero utilizzate solamente delle sigle e la prima release ad avere un nome in codice ufficiale è stata la 1.5, denominata Cupcake. Le versioni 1.0 e 1.1 sono state in seguito definite Alpha e Beta, o Apple Pie e Banana Bread, ma in realtà non hanno mai avuto una denominazione ufficiale.
A partire dalla versione 1.5 Google ha deciso di abbinare il nome di un dolce ad ogni versione, anche se nessuno è certo dell’origine di questa decisione, nata a quanto pare come un gioco interno al team di sviluppo.
Dopo un “calo” di fantasia con la versione 9.0 di Android, chiamata semplicemente, Android 9 Pie, il colosso californiano ha deciso, nell’agosto del 2019, di cambiare drasticamente rotta. Addio ai nomi dei dolcetti, difficili da comprendere per alcuni Paesi e culture.
Al loro posto una soluzione molto più semplice, con il solo numero di versione. Il successore di Android Pie è dunque conosciuto come Android 10, e le versioni successive saranno contrassegnate esclusivamente dal numero.
Per rendere ancora più evidente il cambio di rotta ecco arrivare anche un logo rinnovato, che vedete nell’immagine di copertina. Il robottino rimane verde, ma di una tonalità più intensa, e cambia anche la scritta, che passa dal verde al nero per essere maggiormente leggibile in ogni situazione. Tutti i dettagli sono disponibili in questo articolo.
Architettura di Android
Dal punto di vista tecnico Android è costituito nella parte più bassa da un kernel Linux, che funziona da abstraction layer tra l’hardware e il software, e dai driver per la gestione delle varie componenti hardware. Al di sopra troviamo un livello che comprende un insieme di librerie native, scritte in C e C++, che rappresentano il cuore vero e proprio di Android.
Abbiamo il Media Framework per i codec audio e video e le librerie di riproduzione e registrazione multimediali, il Surface Manager per gestire le funzioni del display, Open GL ES, la libreria per la grafica 3D, SGL, una libreria per motore grafico 2D, FreeType per il rendering di bitmap e font, SQLite per gestire un DBMS relazionale, WebKit, il motore di renderizzazione delle pagine Internet, SSL per la sicurezza delle comunicazioni e molte altre.
Nel livello superiore troviamo un framework di applicazioni creato da un insieme di API (Application Programming Interface) e di altre componenti di fondamentale importanza per l’esecuzione delle applicazioni Android. È inoltre presente una virtual machine (dalla versione 5.o l’obsoleta Dalvik viene sostituita da Android Run Time) per l’esecuzione delle applicazioni.
Versioni di Android
HTC Dream G1 è stato dunque il primo smartphone con Android, del quale montava la versione 1.0, con Android Market, il precursore dell’attuale Google Play Store, un browser HTML (la prima versione di Google Chrome arriverà solo quattro anni più tardi), Gmail, un generico client email e le prime G-Apps, come Contatti, Calendario, Google Maps, Sync, Ricerca Google e un media player.
Nel febbraio del 2009 Google rilascia il primo aggiornamento, Android 1.1 con alcuni miglioramenti alla fluidità, alla sicurezza e altri miglioramenti. È solo dalla versione 1.5 che Google decide di adottare un nome in codice per ogni release di Android, partendo dalla lettera C e abbinandola al nome di un dolce. Andiamo dunque a ripercorre la storia delle tredici versioni di Android con il numero di versione, la data di rilascio, il nome in codice e le principali novità introdotte con ognuna di esse.
Android 1.5 Cupcake
La prima versione dotata di un nome ufficiale è dunque Android 1.5 Cupcake, che porta le API 3, introducendo i widget, la predizione del testo e il supporto per le tastiere personalizzate. La versione viene rilasciata il 13 aprile 2009 e ovviamente mantiene la compatibilità con le versioni precedenti.
Non finiscono qui le novità, che includono la possibilità di registrare video, il supporto agli accessori Bluetooth, le foto nelle schede dei contatti, la rotazione dello schermo e migliori integrazioni con i servizi Google, come la possibilità di caricare un video su YouTube o una foto su Picasa.
Android 1.6 Donut
Bastano solo cinque mesi al team di sviluppo per rilasciare la versione successiva, pubblicata ufficialmente il 15 settembre 2009, chiamata Android 1.6 Donut. Non si tratta di un aggiornamento rivoluzionario, visto che le novità riguardano il supporto alle reti CDMA, la ricerca all’interno dello smartphone e nuove funzioni per la galleria.
Android Market, il precursore di Google Play Store, viene rinnovato, mettendo in evidenza le migliori applicazioni gratuite e quelle a pagamento, approfittando della rapida crescita del catalogo di prodotti di terze parti.
Android 2.0 Eclair
Il primo major update viene rilasciato il 27 ottobre 2009, poco più di un mese dopo il precedente. Android 2.0 Eclair, seguito il 12 gennaio 2010 da Android 2.1 Eclair (che propone solo alcuni bugfix) rappresenta un importante miglioramento nella storia del robottino verde.
Arrivano il supporto a Microsoft Exchange, la possibilità di gestire diversi account di posta elettronica, un refresh nel design delle principali applicazioni, l’immissione vocale con il tasto del microfono inserito nella tastiera al posto della virgola, gli sfondi animati nella Home Page e il navigatore di Google Maps. Quest’ultimo in particolare porta le indicazioni passo-passo, la visualizzazione 3D e la guida vocale.
Pur non portando significative novità Android 2.1 Eclair entra nella storia per essere il sistema operativo utilizzato da Nexus One, il primo smartphone a marchio Google prodotto da HTC, aggiornato in seguito alle versioni 2.2 e 2.3.
Android 2.2 Froyo
Passano ancora una volta pochi mesi e Google rilascia il 20 maggio 2010 Android 2.2 Froyo. Il robottino verde si arricchisce di tante funzioni che abbiamo da tempo imparato a dare per scontate. L’interfaccia non cambia in maniera significativa ma le novità non mancano. Arrivano le notifiche push, viene introdotto l’hotspot WiFi per navigare da altri dispositivi utilizzando la connettività dello smartphone.
Viene introdotto il compilatore Dalvik JIT e con le azioni vocali è possibile effettuare ricerche, impostare sveglie, prendere appunti e molto altro. È possibile installare le applicazioni sulle SD ed effettuarne l’aggiornamento in modalità OTA.
Android 2.3 Gingerbread
Prima della fine del 2010 Google rilascia Android 2.3 Gingerbread, che debutta su Nexus S, il primo smartphone realizzato in collaborazione con Samsung. Diventa chiaro il progetto di Google che prevede di rilasciare un nuovo dispositivo di riferimento insieme alle nuove versioni di Android. In questo modo gli sviluppatori e i produttori possono vedere immediatamente le potenzialità del nuovo sistema.
La nuova versione di Android introduce il supporto per schermi di grandi dimensioni, quello per la tecnologia NFC (Near Field Communication), nuovi effetti audio, un gestore dei download, supporto per fotocamere multiple (inclusa quella frontale) e nuove API dedicate agli sviluppatori di videogiochi.
Viene introdotta la gestione della batteria che permette di ottenere informazioni precise sul consumo di ogni singola funzione e applicazione. È con Android 2.3 Gingerbread che Google introduce gli Easter Egg, che possono essere rivelati accedendo alle Impostazioni – Info dispositivo e toccando ripetutamente la voce dedicata alla versione Android. La storia del primo Easter Egg di Android merita di essere raccontata: Dianne Hackborn, responsabile del framework team di Android, diventa amica dell’artista Jack Larson, che dipinge zombie di tutti i tipi. Hackborn pensa che sia divertente avere un quadro con un omino di panpepato zombie e il quadro è talmente apprezzato da essere nascosto all’interno del sistema operativo, diventando una tradizione che prosegue tuttora.
Android 3.0 Honeycomb
Il 27 gennaio 2011 arriva sul mercato Android 3.0 Honeycomb, l’unica release del robottino verde dedicata esclusivamente ai tablet. L’interfaccia utente viene completamente ridisegnata, pur non essendo pensata per gli smartphone, e introduce il primo linguaggio di design di Google, chiamato Holo.
Vengono introdotti i controlli per la navigazione sullo schermo, evitando di dover utilizzare i tasti fisici anche sui tablet. Arrivano le nuove Impostazioni rapide, che consentono di visualizzare l’ora, lo stato della batteria e quello della connettività in un’unica sezione.
Viene aggiunto il supporto ai processori multi core, che nel 2011 erano ancora una realtà marginale, e un miglioramento nella gestione del multitasking. Android 3.0 Honeycomb viene considerato da molti un flop per i tanti problemi presenti nella prima versione, marginalmente corretti con gli aggiornamenti 3.1 e 3.2.
Anche la versione 3.0 porta un nuovo Easter Egg, rappresentato da una simpatica ape/robot con la scritta Rezzzzz…, un richiamo a Tron che dimostra lo spirito nerd degli sviluppatori Google.
Android 4.0 Ice Cream Sandwich
Il 19 ottobre 2011 arriva sul mercato Samsung Galaxy Nexus che porta al debutto la nuova major release Android 4.0 Ice Cream Sandwich. Lo smartphone abbandona i tasti di navigazione fisici in favore di quelli a schermo, una prerogativa che persiste tuttora nei dispositivi a marchio Google.
La grande novità è rappresentata dall’utilizzo del kernel 3.0 di Linux ma arrivano anche le cartelle nella Home con un semplice drag and drop, i widget ridimensionabili, la possibilità di monitorare il consumo dei dati mobili e Android Beam, che consente di condividere contenuti tra due smartphone utilizzando NFC.
L’interfaccia è realizzata ancora una volta con il design Holo, che ha debuttato con Android 3.0 e vede per la prima volta l’utilizzo del font Roboto, sviluppato internamente e ottimizzato per gli schermi ad alta risoluzione. Il tasto Menu viene sostituito dal tasto `”Recenti” che consente di visualizzare le applicazioni utilizzate di recente.
La sezione Contatti viene spostata dall’applicazione Telefono in un’applicazione a sé stante. Arriva la possibilità di sbloccare lo smartphone inquadrando il proprio volto, anche se la sicurezza è praticamente inesistente. Android 4.0 ICS introduce infine la possibilità di acquisire gli screenshot premendo contemporaneamente il tasto Power e il tasto Volume Giù.
Il nuovo Easter Egg è rappresentato da una serie di androidi con orecchie da gatto e ricoperti da biscotto e gelato, con una grafica decisamente “pixellosa” da videogiochi arcade 8-bit.
Android 4.1 Jelly Bean
Il 27 giugno 2012 è la volta di Android 4.1 Jelly Bean, nome in codice che viene utilizzato anche per due successive release, Android 4.2 e Android 4.3 rilasciate nei mesi successivi. La più importante novità introdotta dalla versione 4.1, accompagnata al lancio dal tablet Nexus 7 sviluppato in collaborazione con ASUS, si chiama Project Butter e promette di eliminare i rallentamenti dell’interfaccia offrendo dunque un’esperienza d’uso decisamente più fluida.
In occasione del lancio della prima iterazione di Jelly Bean arriva anche Nexus Q, un media player che è rapidamente sparito dalle scene. Alcuni dei concetti alla base del dispositivo verranno riutilizzati per Chromecast, un dispositivo di enorme successo.
Vengono introdotte le notifiche interattive, che permettono, di rispondere subito a un messaggio o di svolgere altre operazioni. Arriva anche Google Now con le sue informazioni in tempo reale che apre la strada a un nuovo tipo di assistenza sui dispositivi mobili.
Il lancio di Android 4.2 Jelly Bean viene in qualche modo oscurato da due eventi: la presentazione di Nexus 4, lo smartphone realizzato da LG e secondo molti il più bel Nexus di sempre, e del tablet Nexus 10 realizzato da Samsung, e l’uragano Sandy che costringe Google a cancellare l’evento di presentazione, sostituito con un post sul proprio blog ufficiale.
Con la seconda versione di Jelly Bean arrivano Photo Sphere, la gestione multiutente (riservata ai tablet), la possibilità di scorrere sui tasti per scrivere, la condivisione dello schermo su una TV e Daydream che permette di mostrare immagini o l’orologio durante la ricarica. Non mancano i widget nella schermata di sblocco, le impostazioni rapide che consentono di modificare rapidamente alcune impostazioni e l’utilizzo di Google Chrome come browser predefinito.
Il 24 luglio 2013 arriva Android 4.3 Jelly Bean, la terza e ultima versione con questo nome. Ad accompagnare il robottino verde troviamo Nexus 7 2013, un tablet realizzato ancora una volta da ASUS. Tra le novità introdotte dalla nuova versione troviamo il supporto al Bluetooth LE (Low Energy), la possibilità di creare profili utente con accesso limitato e il supporto alle OpenGL ES 3.0.
Con Jelly Bean arriva ovviamente un nuovo Easter Egg che mostra una caramella sullo schermo. Una pressione prolungata ne comporterà l’esplosione spargendo piccole caramelle in giro per lo schermo. Potrete lanciare ovunque con un semplice swipe, senza che ci sia uno scopo finale da raggiungere.
Android 4.4 KitKat
Annunciato ufficialmente il 3 settembre 2013, Android 4.4 KitKat arriva sul mercato quasi due mesi dopo, il 31 ottobre insieme a LG Nexus 5, uno dei dispositivi Nexus più amati dagli utenti. Si tratta della prima versione di Android abbinata a un prodotto commerciale, i biscotti KitKat di Nestlé. La cosa è destinata a ripetersi in futuro, anche se dovranno passare alcuni anni. Si completa lo sviluppo dell’interfaccia Holo, che raggiunge il suo massimo punto di successo prima di lasciare il campo a un nuovo design che sarà introdotto con la versione successiva.
Arriva “Ok Google”, un comando vocale che ormai abbiamo imparato a conoscere e che permette di inviare messaggi, ricevere indicazioni stradali o gestire la riproduzione multimediale. Viene introdotto il design immersivo, che consente alle applicazioni di nascondere la barra di stato e quella di navigazione per sfruttare tutto lo schermo e offrire un’esperienza più avvolgente.
Fa la sua comparsa il runtime ART, destinato a soppiantare Dalvik nelle versioni successive, che promette una migliore gestione energetica. Project Svelte consente un miglior funzionamento di Android nei dispositivi di fascia bassa, quelli dotati di 512 MB di RAM e con schermi a bassa risoluzione. È infine possibile cambiare l’applicazione di default per la gestione dei messaggi, che con Android 4.4 KitKat diventa Google Hangouts ma può essere sostituita con quella preferita dall’utente.
Il nuovo Easter Egg non è particolarmente interessante, visto che si limita a mostrare una “K” che ruota con una pressione e mostra un collage con le versioni precedenti, con colori decisamente psichedelici.
Android 5.0 Lollipop
A partire da Android 5.0 Lollipop Google introduce il sistema delle Developer Preview, che consentono agli sviluppatori, e agli utenti più impazienti, di installare un’anteprima del nuovo sistema operativo. La prima versione è presentata il 25 giugno 2014 nel corso del Google I/O ed è chiamata genericamente Android L. Il nome definitivo viene annunciato solamente il 15 ottobre 2014, in occasione della presentazione ufficiale nel quale vengono lanciati anche lo smartphone Motorola Nexus 6, il tablet HTC Nexus 9 e il media player Nexus Player.
La più grande novità è rappresentata da una nuova interfaccia utente, realizzata con uno stile piatto e semplice: il Material Design. Android 5.0 Lollipop rappresenta indubbiamente il più grande cambiamento da quando è stato rilasciato Android, con un taglio a volte netto con il passato. Si parte dal nuovo runtime ART, che va a sostituire l’ormai obsoleto Dalvik. Project Volta punta a migliorare l’autonomia complessiva dei dispositivi.
È possibile sbloccare lo smartphone con un dispositivo Bluetooth, come uno smartwatch, arrivano le notifiche Heads Up, c’è una nuova schermata di sblocco che permette di lanciare la fotocamera. Anche la schermata “Recenti” viene ridisegnata con una pila tridimensionale che mostra le applicazioni aperte. Android 5.0 Lollipop è la prima versione del robottino verde a supportare l’architettura a 64 bit, utilizzata ad esempio dal chipset Nvidia Tegra K1 utilizzato su HTC Nexus 9.
Per la prima volta l’Easter Egg di Android è un gioco, che si rifà a uno dei giochi più in voga nel 2015. Google lo chiama Flappy Droid ed è chiaramente ispirato a Flappy Bird. Dovete cercare di far passare un piccolo robottino verde tra i lecca lecca che rappresentano un ostacolo semplice ma decisamente ostico.
Android 6.0 Marshmallow
Ancora una volta Google rilascia una Developer Preview della nuova versione di Android, chiamata semplicemente Android M, nel corso del Google I/O il 28 maggio 2015. La versione definitiva, chiamata Android 6.0 Marshmallow, viene annunciata il 17 agosto ma è disponibile dal 5 ottobre 2015, una settimana dopo la presentazione di LG Nexus 5X e Huawei Nexus 6P, gli ultimi due dispositivi della gamma Nexus. In quell’occasione viene presentato anche il tablet Pixel C prodotto da Google.
Tra le novità segnaliamo Now on Tap, che consente di ottenere informazioni sul contenuto della schermata premendo il tasto Home, la gestione delle autorizzazioni, che consente di conoscere quali informazioni condividere con le applicazioni installate nel proprio dispositivo. La novità più significativa è Doze, che gestisce il risparmio energetico in stand-by: le connessioni in background sono limitate alle applicazioni ad alta priorità, ma è possibile escludere manualmente le applicazioni dalla gestione energetica.
Con Android 6.0 Marshmallow arrivano il supporto nativo ai lettori di impronte digitali per lo sblocco dei dispositivi e per gli acquisti sul Play Store e quello allo standard USB Type-C per la ricarica e il trasferimento di dati.
Non cambia di molto l’Easter Egg, che riprende il tema Flappy Droid introdotto con Lollipop sostituendo i lecca lecca con dei marshmallow e introducendo un caotico sistema multiplayer. Per avviare il gioco dovrete prima premere sulla M e in seguito sul marshmallow.
Android 7.0 Nougat
La prima versione di prova di Android N, ribattezzato in seguito Android 7.0 Nougat, è stata annunciata il 9 marzo 2016 ma il rilascio ufficiale arriva solo il 22 agosto. Non è un dispositivo prodotto da Google a portare al debutto la nuova release del robottino verde, bensì LG V20. I dispositivi Google arrivano invece il 4 ottobre dello stesso anno, Google Pixel e Google Pixel XL e possono disporre della nuova versione Android 7.1 Nougat, con alcune funzioni esclusive.
Viene introdotta la modalità Split Screen per gli smartphone, che consente di visualizzare due applicazioni nello schermo, mentre viene nascosta una funzione che consente di visualizzare alcune applicazioni in finestre galleggianti. Arriva una nuova tendina delle notifiche, che consente un raggruppamento per singola app e viene ulteriormente evoluto il sistema di gestione energetica Doze.
È possibile impostare il consumo del traffico dati in background da parte delle singole applicazioni, viene introdotto il tasto hamburger che permette di muoversi più rapidamente tra i sottomenù e il supporto all’API Vulkan per il rendering 3D. Da segnalare inoltre il blocco nativo dei numeri indesiderati, Project Svelte che riduce il consumo di RAM, un nuovo compilatore JIT e Android For Work, per gestire lo smartphone durante l’orario di lavoro.
L’Easter Egg di Android 7.0 Nougat è tra i più simpatici mai presentati da Big G. Dopo una pressione sulla N di Nougat comparirà l’icona di un gatto sullo schermo. Troviamo quindi una nuova tile da aggiungere alle impostazioni rapide, con un gatto. Dopo averla inserita compare una ciotola vuota che toccata vi permette di scegliere il cibo da utilizzare. Dopo alcuni minuti arriva una notifica con il numero del gatto che avete “catturato”. È possibile ripetere all’infinito l’operazione e collezionare numerosi gatti.
Android 8.0 Oreo
La prima Developer Preview di Android O viene presentata il 21 marzo 2017 e la versione finale, chiamata Android 8.0 Oreo è annunciata il 21 agosto 2017, in concomitanza con una eclissi solare. Ancora una volta la nuova release del robottino verde è disponibile in anticipo rispetto alla presentazione di Google Pixel 2 e Google Pixel 2 XL, arrivati solamente il 4 ottobre e per i quali viene rilasciata il 5 dicembre la versione Android 8.1 Oreo.
Molte le novità della nuova versione, a partire da Project Treble che consente di slegare gli aggiornamenti del sistema operativo da quelli dell’hardware. Arrivano i canali nelle notifiche, che possono essere rimandate a un secondo momento con la funzione Snooze, la modalità picture-in-picture per eseguire alcune applicazioni in una finestra galleggiante, il supporto al Bluetooth 5, nuove limitazioni alle applicazioni in background per ottimizzare i consumi della batteria, e le icone adattive.
Viene annunciato anche Android Go, una versione particolare di Oreo destinata ad essere eseguita sui dispositivi di fascia bassa, con 1 GB di RAM e ridotte risorse a disposizione.
Dopo i gatti di Nougat l’Easter Egg di Oreo è poco intrigante e mostra una piovra (Octopus) che può essere trascinata per lo schermo.
Android 9.0 Pie
Il 6 agosto 2018 viene annunciata ufficialmente la versione 9.0 di Android, che porta il semplice nome Pie, torta in inglese. La novità principale è rappresentata dal supporto ufficiale al notch, la tacca nella parte alta dello schermo che è dilagata negli smartphone del 2018.
Vengono aggiornate la tendina delle notifiche, i quick toggle e le finestre pop up di sistema, come il menù di accensione/spegnimento, che hanno ora un look più vivace e angoli arrotondati. È possibile scegliere come deve comportarsi il sistema all’inserimento del cavo USB, modificare gli screenshot interagire con le applicazioni anche attraverso la schermata di multitasking, con operazioni di copia incolla.
La modalità Ambient Display mostra ora la percentuale di carica residua e i quick toggle sono organizzati in pagine orizzontali. Android 9.0 Pie promette una maggiore autonomia grazie alla batteria adattiva, è possibile personalizzare le notifiche e gestire meglio le risposte rapide.
Arrivano Dashboard, App Timer, Wind Down, Digital Wellbeing e Sush, funzioni pensate per ridurre la “dipendenza” dallo smartphone, agendo su varie componenti del sistema.
L’Easter Egg è rappresentato da una lettera P con colori psichedelici che cambiano al contatto del dito con lo schermo.
Android 10
È la prima versione che abbandona il nome del dolcetto, passando dunque a una numerazione più semplice da ricordare. La svolta è in un certo senso epocale, e contribuisce a dare un’immagine più seriosa al sistema operativo.
Cambia il logo, cambiano i colori, anche se le novità della versione 10 non rappresentano stravolgimenti rispetto alle versioni precedenti, quanto piuttosto una serie di miglioramenti. Arriva la modalità scura insieme a nuove gesture, in particolare per la funzione indietro, che non andrà più a collidere col la gestione del NavigationDrawer.
Con il nuovo sistema operativo arriva il nuovo easter egg, che permette di far scorrere la scritta Android 10 modificandola fino a farla diventare Android Q.
Interfaccia di Android
L’interfaccia di Android è basata principalmente sulla manipolazione diretta, attraverso tocchi e azioni come swipe, tap e pinch per gestire gli oggetti a schermo, con l’aiuto di una tastiera virtuale. È comunque possibile collegare, tramite Bluetooth, tastiere fisiche esterne e controller di gioco addizionali. La gestione dell’interfaccia è coadiuvata da una serie di sensori interni, come accelerometri, giroscopi e sensori di prossimità, mentre le operazioni di input godono di un feedback aptico grazie a un motorino di vibrazione.
Dopo la sua accensione un dispositivo Android mostra solitamente la Home Page, il contenitore principale che include le icone per lanciare le applicazioni e i widget, che mostrano contenuti che si aggiornano solitamente in tempo reale, come previsioni meteo, calendari o altro.
L’aspetto della Home Page cambia grazie a diversi launcher, applicazioni che gestiscono la schermata iniziale, l’aspetto delle icone, il loro raggruppamento e molte altre funzioni. L’interfaccia di Android include, almeno nei dispositivi con schermo, una barra di stato, situata nella parte alta, contenente informazioni sulla connettività, sull’ora e sulle notifiche in sospeso. Le notifiche, che possono essere visualizzate in maniera dettagliata con uno swipe verso il basso, sono delle informazioni provenienti dalle applicazioni installate, come app di messaggistica, email, SMS e altro.
Nella parte inferiore, in alcuni casi, è presente una barra di navigazione virtuale, che va a sostituire i tasti fisici e che in alcuni casi può essere nascosta. In alcuni casi è possibile disabilitare completamente la barra di navigazione e sostituire i tasti virtuali con gesture, che consentono di avere un’esperienza maggiormente immersiva e di sfruttare tutto lo schermo.
È possibile, tramite un tasto fisico o virtuale o un’apposita gesture, visualizzare le applicazioni utilizzate di recente e passare rapidamente da una all’altra. A seconda della memoria installata è possibile che le applicazioni si aprano istantaneamente o che debbano essere ricaricate completamente.
Con Android 9 Pie è stata effettuata una scelta decisa, utilizzando le gesture, migliorate poi con Android 10, come metodo di navigazione predefinito. È comunque possibile utilizzare la tradizionale barra di navigazione, anche se Google la sconsiglia, visto che peggiora l’esperienza immersiva.
Con Android 10 arriva anche la Modalità scura, abbozzata nella versione precedente e ora disponibile in tutto il sistema, compresa la maggior parte delle Google App.
Aggiornamenti di Android
Gli aggiornamenti di Android sono una questione spinosa. Mentre Google rilascia le novità con cicli di sei-nove mesi, sotto forma di major release o minor release per correggere bug importanti (o più recentemente per aggiungere funzioni esclusive per i Pixel), i produttori di dispositivi Android hanno tempistiche decisamente diverse.
Va però precisato che esistono due diverse tipologie di aggiornamenti per Android: gli aggiornamenti di sistema, che consentono di avere le nuove versioni di Android, e le patch di sicurezza che vengono rilasciate mensilmente da Google e di cui trovate una descrizione dettagliata a questo indirizzo.
Solitamente i produttori garantiscono, almeno per i rispettivi top di gamma, 24 mesi di aggiornamenti per il sistema operativo e 36 mesi per le patch di sicurezza, ma le cose sono in continua evoluzione quindi dovrete fare espressamente riferimento al produttore del vostro dispositivo per averne la certezza.
Per quanto riguarda il rilascio degli aggiornamenti di sistema, sulle tempistiche incide parecchio il livello di personalizzazione apportato dal produttore. Dispositivi come gli smartphone Nokia ricevono le nuove versioni di Android in tempi davvero rapidi, altri come Huawei e Samsung sono decisamente più lenti, avendo interfacce personalizzate decisamente più complesse da aggiornare.
Nei dispositivi di fascia bassa e medio bassa gli aggiornamenti di sistema avvengono raramente, costringendo spesso gli utenti ad acquistare un nuovo dispositivo per poter disporre di una versione aggiornata di Android.
A partire da Android 10 viene introdotto Project Mainline, che consente di scaricare gli aggiornamenti di sicurezza direttamente dal Play Store, come avviene normalmente per le applicazioni. Non sarà possibile aggiornare in questo modo tutti gli aspetti del sistema operativo, e la funzione sarà disponibile esclusivamente per quei prodotti che arriveranno sul mercato con Android 10 a bordo, non per i modelli aggiornati da Android 9 Pie.
Dispositivi con Android
Pur essendo nato principalmente come sistema operativo per smartphone, Android è presente su numerosi dispositivi, grazia anche ad alcune varianti di cui parliamo tra poco. Oltre agli smartphone dunque troviamo Android su numerosi altri prodotti, quali tablet, televisori, autoradio, smartwatch e prodotti della gamma IoT, grazie a una speciale versione ridotta.
Troviamo il robottino verde anche all’interno di media player da collegare alle TV, lettori multimediali portatili, fotocamere, cuffie, sistemi di automazione per la casa, portatili e computer desktop, router e molto altro.
Possiamo tranquillamente affermare che qualsiasi dispositivo che necessiti di un sistema operativo può utilizzare Android in una delle sue tante varianti. Non a caso nel 2017 è diventato il sistema operativo più diffuso al mondo, superando un colosso come Windows che può contare su una base installata immensa.
AOSP
Ricordiamo che Android è un sistema operativo di tipo Open Source gestito da Google, quindi chiunque può avere accesso al codice sorgente, fatta eccezione per alcune parti che sono proprietarie e non disponibili al pubblico. Per consentire a chiunque di scaricare il codice sorgente esiste il repository AOSP (Android Open Source Project), un’operazione possibile per chiunque ma consigliata agli sviluppatori o a quegli utenti con le necessarie competenze.
I file con il codice sorgente sono caricati su un repository Git gestito direttamente da Google, con le informazioni sulle modifiche apportate e le date in cui sono state effettuate. Grazie a questa possibilità sono nate le custom ROM, delle versioni personalizzate di Android con diverse aggiunte, ottimizzazioni e modifiche.
La più famosa di queste è stata sicuramente CyanogenMod, chiusa nel 2016 e dalle cui ceneri è nato LineageOS, portato avanti dallo stesso team di sviluppo. Altrettanto famoso è stato il team Paranoid Android, i cui componenti, almeno in parte sono stati assorbiti da OnePlus per lo sviluppo di OxygenOS.
Virtualmente chiunque può creare una propria versione di Android, personalizzandola a seconda dei propri gusti e delle proprie esigenze, aggiungendo funzioni e rimuovendo quelle che non gli sono utili.
Varianti di Android
Android è disponibile su una moltitudine di dispositivi grazie anche a numerose varianti e progetti che consentono di impiegarlo virtualmente ovunque. Oltre alla versione “classica” di Android, che viene utilizzata su smartphone e tablet, esistono altri due progetti legati proprio agli smartphone.
Il primo è Android Go, un progetto destinato ai dispositivi con una scheda tecnica contenuta, solitamente con 1 GB di RAM e con poco spazio di archiviazione interno. Grazie a una serie di applicazioni ah hoc è possibile avere una discreta quantità di spazio a disposizione per le applicazioni essenziali per l’utente.
Un progetto molto importante, che negli anni si è decisamente evoluto è Android One, nato inizialmente per gli smartphone destinati ai mercati emergenti e ora sinonimo di Android Stock per i produttori di terze parti, che possono offrire un’esperienza identica a quella dei prodotti Google Pixel, proponendo aggiornamenti rapidi sia per quanto riguarda le patch di sicurezza sia per le versioni del sistema operativo.
Tra i nomi più illustri che propongono dispositivi con Android One troviamo Xiaomi, HTC e soprattutto Nokia, che dal MWC 2018 ha promesso di commercializzare esclusivamente smartphone con Android One.
Android è presente anche negli smartwatch grazie ad Android Wear, diventato nella primavera del 2018 Wear OS by Google, con funzioni evolute come Google Assistant, comandi vocali, supporto a GPS e ai lettori di battito cardiaco. Dopo una fase iniziale di relativo entusiasmo, in cui i principali produttori di smartphone hanno proposto i rispettivi smartwatch con Android Wear, il mercato si è ora spostato verso i produttori tradizionali di orologi, con il gruppo Fossil grande protagonista.
Google non si dimentica ovviamente di Internet Of Things grazie ad Android Things, annunciato nel 2015 col nome di Project Brillo ed evolutosi successivamente. Può essere utilizzato su dispositivi con 32 MB di RAM, supporta WiFi e Bluetooth LE il protocollo Weave per comunicare con altri dispositivi simili.
Anche le TV intelligenti, meglio conosciute come smart TV, possono contare su una versione personalizzata del robottino verde, chiamata ovviamente Android TV e presentata nel 2014, con applicazioni ottimizzate per i grandi schermi domestici. Troviamo questa versione anche all’interno di alcuni media Player, come Xiaomi Mi Box e NVIDIA SHIELD TV.
Non manca ovviamente una versione sviluppata per le automobili, presentata nel 2015, destinata a facilitare l’utilizzo dello smartphone in auto, senza distrazioni, Sono presenti comandi vocali a fondamentalmente lo schermo del sistema interno di infotainment serve da display esterno per lo smartphone, che deve essere collegato via USB. Nel corso del 2019 Android Auto sarà sostituito da una particolare versione di Google Assistant dedicata alle autovetture, annunciata al Google I/O 2019, chiamato Driving Mode.