Una decisione che potrebbe cambiare in modo significativo il metodo con cui gli utenti configurano i propri smartphone Android arriva dalla Germania, più precisamente dal tribunale regionale di Magonza, che ha stabilito che Google non potrà più concedere un trattamento preferenziale al suo servizio Gmail nella fase di configurazione dei dispositivi. Una sentenza che, pur non essendo ancora definitiva, rappresenta un tassello importante nella lunga partita regolatoria che coinvolge i cosiddetti gatekeeper digitali, e che potrebbe avere ripercussioni concrete anche al di fuori del territorio tedesco.

Offerta

Motorola edge 60, 8/256 GB

50+50+10MP, 6.67'' pOLED 120Hz, Batteria 5200mAh, ricarica 68W, Android 15

224€ invece di 349€
-36%

Gmail potrebbe non essere più obbligatorio in fase di configurazione di un dispositivo Android

Fino ad oggi, per creare un account Google al primo avvio di uno smartphone Android, era necessario associare un indirizzo Gmail, anche quando l’utente avrebbe preferito utilizzare un provider alternativo; una prassi che, secondo i giudici di Magonza, costituiva un vantaggio indebito per Google rispetto ai concorrenti. Per questo motivo, d’ora in avanti, gli indirizzi email di servizi terzi dovranno essere disponibili su base paritaria.

Il ricorso era stato presentato da GMX e Web.de (attraverso la società madre 1&1 Mail & Media) nell’ottobre 2024, denunciando l’impossibilità, o quantomeno la forte difficoltà, di utilizzare indirizzi non Gmail per la configurazione iniziale dei dispositivi Android.

Il tribunale ha accolto solo parte delle richieste, motivo per cui 1&1 dovrà comunque sostenere tre quarti delle spese legali; ciò nonostante, per i provider tedeschi si tratta di un passo avanti importante nella direzione della cosiddetta sovranità digitale, come ha sottolineato Michael Hagenau, amministratore delegato di GMX e Web.de, secondo cui la decisione rappresenta un buon segnale per la concorrenza e la libertà di scelta dei consumatori.

Non solo, la sentenza impone a Google di rivedere anche altri processi di configurazione, come quelli legati al Play Store, a YouTube e al browser Chrome, rafforzando ulteriormente la portata del verdetto.

La vicenda si inserisce nel quadro normativo europeo definito dal Digital Markets Act, entrato in vigore nella primavera dello scorso anno e pensato per riequilibrare i rapporti tra i grandi colossi tecnologici e gli attori più piccoli; l’obbiettivo è quello di evitare che i gatekeeper (tra cui rientrano Google, Apple, Meta, Amazon e Microsoft) possano consolidare ulteriormente la propria posizione sfruttando l’integrazione verticale dei propri servizi.

In questo senso, la decisione tedesca non è isolata, ma rappresenta un’applicazione concreta delle regole comunitarie, che nei prossimi mesi potrebbero portare a cambiamenti ancora più rilevanti nell’esperienza d’uso di Android e non solo.

Google ha già fatto ricorso, accogliendo con favore il rigetto della maggior parte dei reclami ma manifestando preoccupazione per il fatto che simili decisioni possano compromettere lo spirito armonizzatore del DMA; l’azienda americana teme infatti che ogni Paese europeo possa interpretare la normativa in maniera differente, aumentando la frammentazione e la burocrazia, proprio nel momento in cui Bluxelles spinge per regole più semplici e uniformi.

Nel frattempo, Google ha introdotto alcune modifiche come la possibilità di registrarsi con il solo numero di telefono, anche se la generazione automatica di un indirizzo Gmail in background continua a sollevare dubbi di conformità.

Per gli utenti finali l’impatto potrebbe concretizzarsi in una maggiore libertà di scelta durante la configurazione iniziale, non più un obbligo di fatto ad affidarsi a Gmail, ma la possibilità di selezionare provider alternativi, magari europei, con server localizzati e una gestione dei dati più stringente sotto il profilo della privacy. Una schermata di scelta chiara e trasparente, come auspicato dagli avvocati di 1&1, potrebbe presto diventare parte integrante del setup di Android.

Gli utenti dovranno tuttavia attendere ancora un po’, visto che la sentenza non è definitiva e il procedimento è destinato a proseguire nei gradi successivi; nel frattempo, resta da capire se questa decisione avrà effetti immediati sul mercato tedesco o se si estenderà gradualmente ad altri Paesi europei nell’immediato futuro.