Non è il caso di Nextbit Robin, che già nei test di resistenza ai graffi ha evidenziato i suoi primi gravi problemi, legati all’utilizzo della plastica per la sua realizzazione. Il vetro frontale si difende bene, mostrando i primi segni solo con lo strumenti di durezza 7 e anche le fotocamere se la sono cavata, grazie al vetro che protegge gli obiettivi.
Purtroppo però l’utilizzo della plastica sembra esagerato, visto che tutto il resto è costruito con questo materiale, anche i pulsanti. Se da una parte questo permette di contenere i costi, dall’altra espone lo smartphone agli inevitabili segni dell’usura. Il display resiste bene anche alla prova del fuoco, tornando in perfetta efficienza dopo pochi secondi.
Dove però Nextbit Robin fallisce miseramente è nel bend test, che ne evidenzia delle gravi carenze costruttive. Solitamente infatti, anche gli smartphone più economici sono dotati di un telaio in leghe metalliche a cui vengono fissati i componenti, per rendere più rigida e resistente la struttura.
Nextbit Robin non ha nessun rinforzo interno, la scheda madre è fissata direttamente sul guscio in plastica per cui lo smartphone non resiste che pochi secondi alla pressione e cede di schianto, spezzandosi in maniera irreparabile. Uno scheletro metallico avrebbe certamente contribuito a renderlo più solido, impedendo la rottura catastrofica che lo rende completamente inutilizzabile. Peccato quindi perché si è cercato, forse, di risparmiare dove invece sarebbe stato più sensato investire, per garantire una maggiore robustezza.