Il noto portale di benchmark DxOMark ha messo a confronto i caricabatterie di cinque diversi smartphone e altri caricabatterie di terze parti in un test di ricaria incrociato, con l’obiettivo di capire una volta per tutte se il passaggio alla porta USB Type-C possa effettivamente aprire le porte all’universalità di ricarica.

Questo perché, entro la fine del 2024, la porta di ricarica USB Type-C diventerà lo standard di ricarica per tutti i dispositivi elettronici venduti all’interno dell’Unione Europea, come previsto dalla legislazione approvata dal Parlamento lo scorso ottobre. Sarà effettivamente così?

Tra 18 mesi sarà obbligatoria l’USB-C, niente più frustrazioni da cavo

Il passaggio alla porta di ricarica USB-C sarà (obbligatoriamente) implementato, per l’intero continente europeo, entro la fine del 2024: l’ambizione delle autorità europee è quella di imporre una porta di ricarica universale per ridurre l’impatto di carbonio legato alle vendite di dispositivi elettronici (specie quelli più piccoli). In questo modo, almeno sulla carta, i consumatori potrebbero utilizzare un unico caricabatterie e un unico cavo di ricarica per tutti i loro dispositivi.

Sebbene l’obiettivo sia senza dubbio nobile, ovviamente i vari produttori di smartphone cercheranno quelle aree grigie del regolamento per cercare di aggirare quanto più possibile il problema, mettendo a repentaglio l’obiettivo prefissato dall’Unione Europea.

Ricarica e dispositivi: non sempre il matrimonio è possibile

Come molti di voi sapranno, negli ultimi anni il mercato degli smartphone è stato invaso da una moltitudine di standard proprietari di ricarica (come il SuperVOOC di OPPO, HyperCharge di Xiaomi e così via). L’idea di base dei produttori è quella di fornire ai propri clienti il miglior sistema di ricarica possibile per il proprio smartphone: il risultato è che una determinata ricarica rapida, capace di funzionare al meglio con un determinato smartphone, non funzionerà altrettanto bene su altri smartphone (soprattutto della concorrenza).

Giusto per mettere in campo alcuni numeri, è chiaro che un caricabatterie da 65 W non sarà mai in grado di fornire quel tipo di potenza ad un dispositivo progettato per assorbirne un massimo di 25 W e, addirittura, è possibile che, da quel caricabatterie, il dispositivo non riesca ad accettare nemmeno i 25 W che corrispondono alla sua potenza massima.

È tutta questione di protocolli e standard di ricarica: quelli con cui è compatibile il dispositivo e quelli con cui è progettato il caricabatterie devono essere compatibili.

Certo, quando si sfruttano le porte USB Type-C esiste uno standard di base per l’erogazione di potenza (chiamato USB-C PD, dove PD sta per Power Delivery) ma il problema principale è che non tutti i produttori lo sfruttano: Samsung e Google, ad esempio, sfruttano USB-C PD; altri produttori come Xiaomi e OPPO, invece, stanno sviluppando e sfruttando delle tecnologie proprietarie che gli consentono di guadagnare un notevole vantaggio competitivo, in termini di velocità di ricarica, rispetto alla concorrenza.

La pecca? Quello che dicevamo poco sopra: questa ricerca smodata della velocità di ricarica attraverso standard proprietari mira alla compatibilità con altri prodotti sul mercato.

DXOMARK ha effettuato un test di ricarica incrociata

Giusto per verificare sul campo quanto siamo lontani dalla esperienza di ricarica unificata, nonostante il caricabatterie abbia la stessa forma per tutti, il portale DxOMark ha voluto effettuare un test di ricarica incrociato.

DxOMark ha messo alla prova i caricabatterie ufficiali, tra quelli venduti in confezione (sempre più una rarità) e quelli consigliati dal produttore, di quattro tra i migliori smartphone del 2022 nel panorama Android, ovvero Xiaomi 12 Pro (trovate qui la nostra recensione), Samsung Galaxy S22 Ultra (trovate qui la nostra recensione), OPPO Find X5 (trovate qui la nostra video-recensione) e Google Pixel 6 (trovate qui la nostra recensione) e dell’iPhone 13 di Apple (trovate qui la nostra recensione).

Oltre ai caricabatterie originali, sono stati scelti altri quattro caricabatterie, stavolta di terze parti, per testarne il comportamento su tutti e cinque gli smartphone sopra-citati. Scopriamo cosa è emerso dal test di DxOMark.

I risultati del test di DxOMark

Le due principali evidenze da tenere a mente sono le seguenti:

  • I caricabatterie di terze parti supportano unicamente i protocolli di ricarica standard, non possono sfruttare quelli proprietari dei produttori di dispostivi.
  • I “super-caricabatterie” sono super unicamente con il dispositivo per cui sono stati progettati.

Analizzando la potenza di picco raggiunta durante le fasi di ricarica dai vari smartphone, testati ad uno ad uno con tutti i caricabatterie oggetto della prova (al netto di quello di iPhone 13 testato unicamente con lo smartphone della mela morsicata) emerge come il picco di potenza sia stato raggiunto da ogni smartphone con il proprio caricabatterie ufficiale; sfruttando quelli di terze parti o incrociando tra di loro i caricabatterie ufficiali, emergono dati decisamente inferiori, in alcuni casi disastrosi (come, ad esempio, quando il caricabatterie dell’OPPO Find X5 (che può spingersi fino a 80 W) viene impiegato per ricaricare lo Xiaomi 12 Pro, il Samsung Galaxy S22 Ultra o il Google Pixel 6).

DxOMark test ricarica incrociata - risultati potenza di picco

Questa statistica si riflette inesorabilmente anche nelle tempistiche del ciclo di ricarica, sia in quello da 0% a 80% che in quello da 0% a 100%.

Il portale DxOMark afferma che questo primo round di test di ricarica incrociata mostri come sia effettivamente possibile sfruttare qualsiasi caricabatterie USB-C per ricaricare un altro dispositivo compatibile ma, nei dispositivi che sfruttano una potenza di ricarica superiore ai 30 W, le prestazioni di ricarica, in generale, sono le meno ottimizzate. A meno di 30 W, invece, l’esperienza con un caricabatterie di terze parti (o comunque di marca diversa) è vicina a quella che garantisce il caricabatterie in dotazione (o ufficiale).

Secondo DxOMark, la strada da fare verso l’universalità è ancora tanta

Secondo DxOMark, quindi, siamo ben lontani dall’universalità, nonostante la “forma” del caricabatterie (inteso come porta di ricarica) sia sempre più la stessa per tutti. C’è, purtroppo, troppa frammentazione all’interno della stessa ricarica USB-C.

Il problema principale, a questo punto, diventano i protocolli di ricarica, questione che, immaginiamo, diventeranno sempre più al centro dei prossimi dibattiti: la nuova legislazione dell’UE chiederà sicuramente che i super-caricatori diventino più compatibili, offrendo almeno il supporto allo standard base USB-C PD nella sua potenza massima, con l’obiettivo di includere, così, il maggior numero possibile di dispositivi.

Produttori come OPPO e Xiaomi saranno, quindi, tra i più colpiti in questo processo di adattamento perché i più lontani dalla piena compatibilità. Va tenuto a mente, infatti, che la norma europea sui caricabatterie non riguarda unicamente l’adozione di un tipo comune di porta e non va interpretata come la volontà di colpire Apple e costringerla a passare da Lightning a USB-C: l’obiettivo è una maggiore armonizzazione tra tutti i sistemi di ricarica a disposizione, per fornire la maggiore compatibilità possibile tra caricabatterie e dispositivi.

Qualora siate interessati a saperne di più e a scoprire i dettagli completi del test condotto da DxOMark, vi rimandiamo alla pagina dedicata ai risultati del test effettuato sul portale di DxOMark.

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