Chi ha vissuto l’era degli smartphone Android negli anni 2010 ricorderà sicuramente il progetto Nexus, la serie di dispositivi frutto della collaborazione tra Google e diversi produttori partner come LG, Samsung, HTC, Huawei e Motorola. Una linea pensata per offrire un’esperienza Android pura, che però aveva un limite strutturale, ovvero il cambio costante di OEM; con l’arrivo dei Pixel nel 2016 però, Google ha cambiato radicalmente strategia, assumendo un controllo diretto sullo sviluppo hardware e software dei propri smartphone.

Oggi, a distanza di quasi dieci anni, un dirigente di Mountain View ha spiegato chiaramente perché questo cambio di passo si è rivelato fondamentale.

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Google ha scelto i Pixel come piattaforma per lo sviluppo di idee a lungo termine

A parlarne è stato Venkat Rapaka, vicepresidente della gestione prodotti di Google e membro del team Pixel sin dalle origini, nel podcast Made by Google.

Rapaka ha confermato che il programma Pixel ha permesso all’azienda di sviluppare concetti ambiziosi che richiedono anni di lavoro, senza la complessità di dover convincere un partner diverso a ogni ciclo di prodotto. Il riferimento più evidente è al progetto Tensor, il chip proprietario di Google che rappresenta una delle scommesse tecnologiche più importanti dell’azienda; un percorso pluriennale difficile da immaginare ai tempi dei Nexus, dove i partner potevano non avere interesse a investire in iniziative destinate magari a finire su dispositivi di un concorrente.

L’esempio dei Tensor è solo il più emblematico, Rapaka ha ricordato come, sotto l’ombrello Pixel, Google sia riuscita a portare avanti funzionalità uniche, come il radar Soli per il riconoscimento dei gesti, il termometro integrato e i magneti per la ricarica Qi2 introdotti sui Pixel 10.

Non manca poi il settore dei pieghevoli, il Pixel 10 Pro Fold è stato il primo smartphone foldable con certificazione IP68, un primato che difficilmente sarebbe stato raggiunto in un contesto come quello del programma Nexus, dove i partner OEM tendevano a riutilizzare componenti già esistenti per ridurre costi e rischi.

Nonostante i vincoli, i Nexus hanno rappresentato una tappa fondamentale nella storia di Android e sono rimasti nel cuore di molti appassionati; tuttavia, come ha sottolineato Rapaka, era quasi impossibile pensare a un ecosistema a lungo termine in cui ogni anno cambiava l’azienda incaricata di produrre i dispositivi.

Non sorprende quindi che Google abbia deciso di mettere fine al programma, per concentrarsi su una linea capace di garantire continuità, libertà progettuale e una visione strategica pluriennale.

Oggi i Pixel non sono più solo smartphone Google Edition, ma dispositivi che rappresentano il laboratorio tecnologico dell’azienda; a volte le innovazioni funzionano, altre meno, ma il punto chiave è che Google può finalmente sperimentare senza compromessi.

I Nexus hanno avuto il merito di diffondere l’esperienza Android stock e di consolidare il ruolo di Google nel settore, ma i Pixel hanno dato all’azienda la possibilità di crescere e competere come vero produttore di hardware, con tutti i vantaggi che ne conseguono.