“Il battito d’ali di una farfalla in Brasile può scatenare un tornado in Texas.” [Edward Lorenz] Nel 2019, il battito non fu di una farfalla, ma di un decreto presidenziale degli Stati Uniti tramite il quale Huawei fu inserita nell’Entity List. Un atto che sembrava destinato a colpire una singola azienda, ma che nel tempo ha innescato una reazione a catena nel mondo Android assolutamente imprevedibile tanto che, secondo diverse indiscrezioni, tre colossi tecnologici cinesi come Xiaomi, Huawei e BBK Group starebbero pensando di sviluppare un sistema operativo Android ma senza Google.
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Come Xiaomi starebbe procedendo per diventare indipendente da Google
In maniera sempre più insistente circolano voci su una possibile partnership tra Xiaomi, Huawei e BBK Group (la società madre di OPPO, OnePlus e Vivo). L’obiettivo sarebbe quello di sviluppare una versione del sistema operativo di Xiaomi senza prevedere il coinvolgimento di Google.
Al momento non ci sono ulteriori indicazioni o elementi che possano far orientare le valutazioni, ma è possibile ripercorrere gli step che presumibilmente hanno portato le tre aziende cinesi a maturare questa idea e quali potrebbero essere le implicazioni.
Nel 2019, infatti, Huawei è stata inserita dal Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti nell’Entity List, ovvero l’elenco delle aziende, delle organizzazioni e delle persone che sono considerate una minaccia per la sicurezza nazionale o gli interessi di politica estera degli USA. Di fatto, quella decisione ha impedito a Huawei di fare affari con le aziende americane.
Nello specifico la decisione ha avuto come conseguenza l’impossibilità per Huawei di utilizzare i chip, componenti hardware e software provenienti da aziende USA (come Qualcomm, Intel, Microsoft, ecc.), ma anche di accedere ai servizi Google fondamentali su Android (i Google Mobile Services, GMS) come il Play Store, YouTube, Maps e Gmail, nonché le API di Big G. Da allora Huawei ha creato HarmonyOS, il sistema operativo sviluppato inizialmente con una compatibilità parziale con Android, ma che nelle ultime versioni (come HarmonyOS NEXT) è del tutto indipendente e non supporta più le app Android.
In alternativa ai servizi di Google, Huawei ha sviluppato gli HMS (Huawei Mobile Services) e AppGallery che andranno a sostituire il Play Store di Google. Nonostante le inevitabili difficoltà iniziali (tra cui quella di convincere gli sviluppatori a rendere compatibili le loro app anche senza i servizi di Google), Huawei è riuscita a creare un ecosistema indipendente che, soprattutto in Cina, sta funzionando.
Discorso un po’ diverso, invece, per Xiaomi. A oggi è tra i primi marchi di smartphone Android al mondo, motivo per cui diversi analisti sono scettici riguardo alla convenienza di rinunciare a Google. Rinunciare a questa partnership, infatti, significherebbe rinunciare a un’importante fetta di mercato (soprattutto fuori dalla Cina) e dover sostenere investimenti enormi in servizi alternativi. Per questo è presumibile che, se le intenzioni dei tre colossi cinesi di allontanarsi da Google fosse concreta, per Xiaomi la strategia sarà leggermente diversa da quella di Huawei.
Con HyperOS, infatti, nato in sostituzione della MIUI con l’obiettivo di creare un sistema unificato per smartphone, tablet, auto, wearable, smart home, è più probabile che Xiaomi riduca gradualmente la propria dipendenza dai servizi Google sviluppando varianti di HyperOS basate su Android AOSP, ma senza le app e le API di Google.
In un modo o nell’altro, comunque, né per Huawei né per Xiaomi è del tutto impensabile un accordo che possa prevedere la rinuncia (totale o parziale) ai servizi di Google. La collaborazione tra questi tre colossi consentirebbe di accedere a risorse che, altrimenti, nessuna delle tre aziende sarebbe in grado di sostenere o affrontare da sole. Inoltre, una partnership che veda Xiaomi, Huawei, OPPO, OnePlus e Vivo insieme avrebbe un potere contrattuale importante con i vari partner globali.
Al momento è più probabile che si tratti di un’alternativa studiata per tutelarsi di fronte alle mutevoli vicende geopolitiche. Anche le questioni sui dazi imposte dall’amministrazione Trump stanno avendo un peso importante, soprattutto nella pianificazione degli investimenti futuri. Da questo punto di vista il mercato cinese ha ottime risorse a suo vantaggio per poter provare a spostare gli equilibri.
Non sappiamo cosa accadrà, ma il fatto stesso che si inizi a parlare di una simile eventualità è un chiaro indicatore importante della complessa e articolata situazione internazionale che, anche dal punto di vista del settore tecnologico, stiamo vivendo.