Google Pixel 8 Google Pixel 8 Pro, lanciati alla fine dello scorso anno, sono i primi smartphone del colosso di Mountain View ad offrire aggiornamenti del sistema operativo Android per 7 anni dalla data di commercializzazione. Un supporto, questo, che qualche mese fa ha rappresentato una novità assoluta nel panorama della telefonia e che la stessa Google ha voluto raccontare, spiegando come si è arrivati a questa decisione e gli step necessari per renderla possibile.

Durante un episodio del podcast “Made by Google”, il Vice Presidente dei Servizi software e Dispositivi Seang Chau, ha spiegato i dettagli di questa promessa. Innanzitutto il podcast è stato anche un modo per spiegare i motivi dietro la scelta di portare Gemini Nano anche su Google Pixel 8, che nei piani originali sarebbe rimasto esclusiva della variante Pro dello smartphone.

La quantità inferiore di RAM di Google Pixel 8 (8 GB rispetto ai 12 di Google Pixel 8 Pro) è stato uno degli scogli da superare, poiché il modello LLM richiede una notevole quantità di memoria per funzionare. Per evitare di compromettere l’esperienza utente, Google ha deciso di far sì che Gemini Nano venisse caricato in memoria soltanto quando necessario (per esempio quando sfruttiamo il riepilogo dell’app Registratore), lasciandolo invece costantemente attivo in background per quelle funzionalità meno esose ma che richiedono una risposta veloce del software.

Per quanto riguarda invece i 7 anni di aggiornamenti Android garantiti, il colosso di Mountain View ha dovuto collaborare strettamente con fornitori, partner e il team di sviluppo del sistema operativo per rendere possibile questo supporto, adeguando i laboratori per far sì che potessero svolgere test continuativi sui vari dispositivi. Inoltre, l’utilizzo del chip proprietario Tensor per tutte le generazioni di Pixel ha contribuito a semplificare l’implementazione dei nuovi aggiornamenti, poiché è proprio il SoC a rappresentare l’ostacolo più grande quando si tratta di compatibilità.

Gli utenti Pixel tendono ad usare lo smartphone per tanti anni

Ma come si è arrivati a scegliere di passare dalla formula 5+2 (5 anni di aggiornamenti Android + 2 anni di patch di sicurezza) a 7 anni di aggiornamenti software, di funzionalità e sicurezza? Google ha esaminato attentamente i dati relativi al primo Pixel lanciato nel 2016 e ha notato che un numero considerevole di unità era ancora attivo nel 2023, ossia 7 anni dopo il suo arrivo sul mercato, sia stato esso rivenduto, ceduto ad un altro membro della famiglia o utilizzato ancora dallo stesso utente.

Con questi dati alla mano, Google ha reputato che 7 fosse il numero giusto di anni e si è prefissata l’obiettivo di supportare i propri dispositivi per tutto il periodo in cui vengono effettivamente utilizzati. Anche gli aggiornamenti beta per tutto l’anno, con rilasci trimestrali delle funzionalità (i cosiddetti Feature Drop), hanno giocato un ruolo fondamentale nella scelta: questo nuovo approccio ha permesso di coinvolgere molti più beta tester, garantendo una maggiore sicurezza e stabilità negli aggiornamenti stabili rilasciati ogni trimestre, proprio perché ci sono molti più utenti che testano il software prima di rilasciarlo per il grande pubblico.

Il podcast infine si è soffermato sulla qualità di questi aggiornamenti, soprattutto nel caso di dispositivi arrivati quasi alla fine del loro ciclo vitale di 7 anni: a questo proposito Google si impegnerà a sviluppare principalmente nuove funzioni basate esclusivamente sul software e che non richiedano maggiore RAM, spazio di archiviazione o altre capacità hardware, così che anche i dispositivi più datati possano beneficiare delle nuove funzionalità. Un esempio di ciò è proprio l’arrivo di Cerchia e cerca anche su Google Pixel 6 e Google Pixel 7.