Chissà se mentre firmava l’ordine esecutivo con il quale inseriva Huawei nella entity list l’ex presidente americano Donald Trump ha pensato che stava dando il via alla più grave crisi nel mercato dei semiconduttori. Sarebbe proprio il tycoon americano, secondo Huawei, il colpevole della situazione attuale, resa ancora più grave dalla pandemia che da oltre un anno sta mettendo in ginocchio il mondo.

Una reazione a catena che poteva essere prevista

Sono proprio gli USA a essersi mobilitati per cercare di risolvere una situazione alquanto complicata, con l’attuale presidente Joe Biden che ha messo a disposizione del Paese 50 miliardi di dollari per cercare di sviluppare l’industria dei semiconduttori americana che, come accade nel resto del mondo, dipende in maniera pressoché esclusiva dalle fabbriche situate a Taiwan e in altri Paesi dell’estremo oriente.

Secondo Eric Xu, uno dei CEO a rotazione di Huawei, sono stati proprio gli USA con le loro sanzioni e i loro embargo a dare il via alla crisi, dovuta principalmente a una politica di accumulo dei semiconduttori presso una grande quantità di aziende cinsi. Spinte dal timore di subire le stesse sanzioni riservate a Huawei, molte realtà hanno infatti iniziato a fare stock piling, acquistando milioni di processori e di chip pur senza essere strutturata per farlo.

La stessa Huawei, come sottolinea Eric Xu, era abituata a ordinare i componenti necessari sapendo che nel volgere di pochi giorni avrebbe ricevuto quanto ordinato, senza particolari problemi. Il colosso cinese, subito dopo l’ordine esecutivo firmato nel maggio del 2019, ha iniziato ad accumulare processori al fine di assicurarsi scorte per produrre i propri dispositivi per i sei mesi successivi.

Sulla scia di questa decisione anche le altre compagnie cinesi, finite nel mirino di The Donald, hanno agito allo stesso modo: Hikvision, DJI, ZTE e molte altre hanno messo le mani su tutti i chip che riuscivano ad arraffare, per scongiurare problemi nel caso il governo degli Stati Uniti avesse deciso di applicare sanzioni simili a quelle emesse contro Huawei.

In una escalation senza precedenti, anche i colossi della tecnologia hanno sfoderato gli artigli, facendo valere il proprio peso politico ed economico, iniziando ad accumulare processori, finendo così per creare una situazione dalla quale l’industria fatica a uscire. Un gigante come Apple, ad esempio, è riuscito a far valere i propri accordi con i produttori, garantendosi le forniture necessarie, ma altre realtà, come è capitato a numerose aziende automobilistiche, sono rimaste spiazzate da queste manovre che di fatto hanno svuotato i magazzini dei grandi produttori di semiconduttori.

Quale potrebbe essere la soluzione al problema?

Mentre le grandi aziende che producono chip stanno arrancando, nel difficile tentativo di rimettersi in pari, ci sarebbe una soluzione che potrebbe far tornare la soluzione alla normalità in brevi tempi. Secondo Huawei infatti sarebbe sufficiente che tutti quelli che in questi mesi hanno accumulato processori e semiconduttori iniziassero a restituirli invece di tenerli fermi nei propri magazzini.

In questo modo anche le aziende che attualmente sono ferme per la mancanza di componenti potrebbero riprendere le rispettive produzioni invece di dover attendere la disponibilità di nuovi componenti.