Mancano pochi giorni alla presentazione della serie Mate 30 di Huawei, che per la prima volta potrebbe non offrire le Google Apps sulle versioni internazionali dei propri smartphone. In seguito al ban imposto dal governo USA infatti il colosso cinese non può utilizzare la versione commerciale di Google, dovendo quindi ricorrere alla versione AOSP priva di tutti i servizi di Big G.

Nel corso di IFA 2019 il CEO del Business Consumer Group, Richard Yu, ha affermato che la compagnia sta studiando una soluzione, con l’aiuto di sviluppatori di terze parti. Huawei potrebbe infatti consentire agli utenti di scaricare dal proprio App Store un pacchetto che si occupa dell’installazione di tutti i servizi necessari, similarmente a quanto fatto da altri produttori cinesi.

Huawei e gli eventuali partner dovranno comunque lavorare a un sistema sicuro, che non metta a rischio gli utenti e che spieghi esattamente la procedura da eseguire per evitare di scaricare versioni modificate (e potenzialmente infette) dei servizi Google.

Nel frattempo ProtonMail, la compagnia tedesca che realizza l’omonimo servizio di posta elettronica sicura, ha voluto chiarire la situazione legata a una possibile collaborazione con Huawei. A differenza di quanto riportato nei giorni scorsi, non ci sono particolari partnership in vista.

ProtonMail sta semplicemente valutando la possibilità di distribuire la propria applicazione attraverso degli store alternativi, tra cui anche Huawei App Gallery. La compagnia svizzera chiarisce, in un lungo post, che l’inserimento dell’app nello store di Huawei non implicherebbe il rispetto delle leggi cinesi, visto che la compagnia opera esclusivamente in Svizzera, dover risiedono anche tutti i propri server.

La privacy e la sicurezza sono sempre state le priorità della compagnia, che sta dunque valutando come poter continuare a offrire il supporto ai propri utenti nel caso i dispositivi Huawei non siano più in grado di accedere al Play Store, in seguito al ban imposto dalle autorità americane.

Si è chiusa invece la vicenda legata all’azione legale avviata da Huawei nei confronti del Dipartimento del Commercio USA, reo di aver sequestrato per oltre due anni alcune attrezzature della compagnia cinese spedite dagli Stati Uniti verso la Cina. I dispositivi, tra cui server e switch Ethernet, erano fermi da tempo in Alaska, nonostante le autorità americane avessero chiarito che non era necessaria alcuna particolare licenza per il loro rimpatrio.

Nel mese di giugno Huawei aveva avviato un’azione legale per sottolineare il comportamento scorretto degli USA ma ora lasciato cadere le accuse. Il colosso cinese ha però sottolineato come la restituzione improvvisa delle attrezzature rappresenti una tacita ammissione della colpevolezza del Dipartimento del Commercio, che aveva sequestrato i prodotti in modo illegale e arbitrario.