Continua il braccio di ferro fra Huawei e il governo americano circa l’intricato blocco degli USA contro Huawei. In queste ore l’azienda cinese dichiara di avere avviato una procedura legale contro la FCC relativa al piano per bloccare l’utilizzo dei fondi USF per l’acquisto di apparecchiature relative a Huawei e ZTE.

Lo Universal Service Fund (USF) è un fondo di 8,5 miliardi di dollari a cui possono accedere aziende per l’acquisto di dispositivi per la comunicazione, soprattutto per lo sviluppo della connettività nelle cosiddette “zone rurali”.

In America gli operatori mobile minori sono spesso inclini ad acquistare prodotti Huawei e ZTE per il loro prezzo economico, ma adesso il ban sta spingendo queste realtà verso le apparecchiature di Nokia ed Ericsson. Secondo Glen Nager, il principale consulente legale di Huawei per la causa contro la FCC, il divieto viola la Costituzione americana in quanto la FCC non avrebbe il potere necessario per metterlo in atto.

Inoltre, e questo già lo sapevamo, Huawei continua a sottolineare il fatto che né il Presidente della FCC né Ajit Pai hanno mai portato prove per dimostrare l’effettiva pericolosità di Huawei, nonostante venga dichiarata come un pericolo per la sicurezza nazionale.

Questo spinge Nager a dichiarare che il tutto ruota attorno al fatto che Huawei è un’azienda cinese, e che tutta la questione relativa al ban ha basi politiche e non della sicurezza. In tutto ciò, secondo un rapporto di Strategy Analytics, il mercato mondiale degli smartphone vedrà una riduzione dei volumi di vendita pari al -3% per il 2020 se la guerra dei dazi fra USA-Cina e il ban di Huawei dovesse continuare.

Malgrado ciò, le previsioni per il 2021 segnano un ritorno in positivo (+3%) grazie ad una migliore gestione della guerra commerciale fra le due potenze e un minore inasprimento delle sanzioni contro Huawei. In questo contesto l’azienda cinese sarebbe in ogni caso la seconda potenza per quanto riguarda il mercato degli smartphone, preceduta da Samsung e seguita da Apple.

Questi dati fanno da cassa di risonanza a quanto dichiarato qualche settimana fa da Ren Zhengfei, CEO di Huawei, in cui affermava che l’azienda continuerà ad essere il maggiore produttore di smartphone nonostante tutto e anche senza i servizi di Google.

Ovviamente l’azienda cinese paga un prezzo altissimo sui mercati esteri, soprattutto quelli occidentali, dove l’assenza dei servizi Google e la presenza di una versione di Android monca – praticamente si tratta della AOSP – non le permette di competere con gli player sul mercato.

La perdita di appeal potrebbe essere mitigata dalla grande crescita nei mercati interni, soprattutto quello cinese che ha segnato un +66% durante il Q3 2019. Tutte queste variabili segnano un quadro piuttosto chiaro della situazione: il 2020 sarà un anno pieno di sfide per Huawei.