Non è un segreto che i margini di guadagno di Xiaomi siano molto contenuti e che la compagnia cinese abbia da tempo deciso di ricorrere alla pubblicità per integrare le entrate. Ci sono però alcune applicazioni preinstallate in MIUI, l’interfaccia personalizzata che accompagna quasi tutti gli smartphone Xiaomi, che da tempo sollevano numerose obiezioni in fatto di sicurezza.

Tra queste il caso più eclatante è quello relativo a Clean Master, le cui definizioni vengono utilizzate da Xiaomi per lo strumento chiamato Pulitore. Si tratta di una applicazione sviluppata da Cheetah Mobile, le cui applicazioni sono state rimosse dal Play Store di Google in seguito a una politica alquanto discutibile legata a pubblicità fraudolente e aggressive.

Clean Master fa parte delle 59 applicazioni messe al bando dal governo indiano (ci sono anche app molto popolari come TikTok, WeChat e Weibo) e Xiaomi ha dovuto correre ai ripari per non rischiare di incappare in costose sanzioni. Il colosso cinese ha rilasciato la versione 4.1.2 dell’app Pulitore, che dovrebbe rimuovere qualsiasi riferimento a Clean Master.

In realtà sono molti gli utenti che hanno sollevato dubbi sulla mossa di Xiaomi, che all’atto pratico si sarebbe limitata a rimuovere la voce di menu che permette di scegliere le definizioni da utilizzare per la scansione. Sui mercati occidentali l’unica voce disponibile era Clean Master, mentre la ROM cinese permette di scegliere anche Tencent, come si vede dagli screenshot soprastanti.

Un utente indiano ha voluto chiedere chiarimenti al servizio clienti di Xiaomi, ottenendo la risposta che vedete nell’immagine qui sopra. Sembra dunque che Xiaomi sia intervenuta rimuovendo il servizio di Clean Master (anche se il pacchetto Pulitore continua a riportare il nome di Clean Master) e utilizzando le proprie definizioni per la pulizia.

È dunque possibile che Xiaomi abbia rimosso tutto il codice relativo all’app sviluppata da Cheetah Mobile, e d’altro canto non avrebbe interesse a barare visto che una eventuale indagine e un’analisi del codice permetterebbero alle autorità di smascherare il comportamento che porterebbe a severe ripercussioni legali.

Perché dunque Xiaomi continua a inserire un pacchetto di “sicurezza” nei propri smartphone? A differenza di quanto avviene sui mercati occidentali, dove buona parte della sicurezza passa per Google Play Protect, in Cina i servizi Google sono proibiti e ogni produttore cerca di fornire la propria soluzione in quella che sta diventando sempre più una giungla informatica.

Va detto però che il colosso cinese potrebbe tranquillamente rimuovere dei servizi che, sui moderni smartphone, sembrano sempre più anacronistici, come la pulizia della RAM. Torneremo a parlare della vicenda qualora dovessero emergere nuove informazioni utili a chiarire la situazione.

Nel dubbio comunque potete evitare di utilizzare l’applicazione e, se avete i permessi di root sbloccati, potete bloccarla o rimuoverla per stare più tranquilli.