Abbiamo un pianeta soltanto, per questo motivo ognuno di noi ha il dovere di fare la propria parte per salvaguardarlo e tenerlo in buona salute il più a lungo possibile e questo comprende anche il trattare correttamente i rifiuti tecnologici, come i vecchi smartphone, che affollano le nostre case. Nell’assolvere a quest’ultimo compito presto potremmo avere un aiuto estremamente tecnologico: quello di un robot con intelligenza artificiale incaricato di disassemblare gli smartphone al fine di recuperare tutte le parti riciclabili.
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Un nuovo progetto: robot con AI per riciclare smartphone
Correva l’anno 2016 quando Apple annunciava in pompa magna di aver creato un recycling robot denominato Liam e in grado di separare i pezzi di un iPhone in soli 11 secondi.
Nel frattempo di tempo ne è passato parecchio, il colosso della mela morsicata ha continuato a parlare del proprio impegno in favore dell’ambiente e ha continuato a sviluppare il proprio robot (quello di ultima generazione si chiama Daisy) per riciclare gli iPhone, tuttavia non ha mai reso pubblico un dato di importanza cruciale: il numero di dispositivi che questi robot hanno effettivamente riciclato per recuperarne componenti riutilizzabili.
Molto presto, comunque, questa esigenza di maggiore chiarezza in merito al potenziale impatto dei robot dotati di intelligenza artificiale sulla nostra capacità di riciclare i rifiuti tecnologici, i cosiddetti e-waste, potrebbe trovare soddisfazione grazie ad un nuovo progetto di ricerca. La finalità di questo studio consiste proprio nel realizzare strumenti con AI che permettano ad un riciclatore robotico di recuperare parti utili da tanti modelli diversi di smartphone.
Nel momento in cui questa ambiziosa tecnologia venisse commercializzata — e qui, purtroppo, siamo costretti ancora a muoverci nel campo delle ipotesi —, i ricercatori avrebbero a disposizione una miniera di informazioni per migliorare la nostra abilità nel riciclare smartphone e altri piccoli dispositivi elettronici.
Nuove sfide e tanto lavoro da fare
Allo stato attuale, i riciclatori di rifiuti elettronici si trovano a maneggiare soprattutto apparecchi di grandi dimensioni, come TV CRT, tuttavia sono sempre più numerosi i dispositivi più piccoli come smartphone e tablet che si trovano davanti.
Questa nuova realtà ci pone di fronte a nuove sfide per due motivi principali: questi rifiuti elettronici sono spesso difficili da disassemblare e portano via molto più tempo. Per questo motivo, il più delle volte i riciclatori si limitano a rimuovere le batterie e gettare via tutto il resto, sprecando in questo modo componenti potenzialmente riutilizzabili come le schede madri ma anche materiali preziosi (per non parlare dell’energia necessaria per produrre quei componenti gettati via e quella per produrne di nuovi).
Sono anni ormai che i ricercatori studiano la possibilità di sfruttare l’intelligenza artificiale per invertire questa tendenza e forse siamo arrivati ad un punto di svolta: lo scorso dicembre lo US Department of Energy ha messo sul piatto una sovvenzione di 445.000 dollari per i ricercatori del Idaho National Laboratory, della University of Buffalo, della Iowa State University e del riciclatore di e-waste Sunnking per sviluppare un software che permetta ai robot di identificare automaticamente diversi tipi di smartphone da riciclare, rimuoverne le batterie e recuperare componenti di valore. Al termine di un progetto di ricerca biennale, il team auspica di iniziare i test sul campo con le prime versioni di questa tecnologia in uno degli stabilimenti di Sunnking. Lo step successivo consisterebbe nel procurarsi maggiori fondi per portare sul mercato dei riciclatori robotici di smartphone.
Il progetto: dettagli e pareri
Amanda LaGrange, CEO del riciclatore di e-waste TechDump, parla di un lavoro di importanza fondamentale per migliorare la sostenibilità dell’elettronica di consumo, ma mostra anche un po’ di scetticismo sui risvolti pratici del progetto: «Trovare nuovi modi, come questi scienziati fanno coi robot, per cercare di recuperare metalli delle terre rare è molto importante. Non sono convinta che a questo punto di possa fare su larga scala».
L’idea di ricorrere all’AI è piuttosto nuova, specialmente per la sua applicazione. Basti pensare che Apple ha tentato qualcosa di simile, ma naturalmente prendendo in considerazione solo gli iPhone. Una soluzione “universale” potrebbe trovare posto negli impianti di qualsiasi riciclatore ed essere impiegata per tanti modelli diversi. Il progetto vuole dimostrare quanto meno la realizzabilità dell’idea.
Ciascuno dei team avrà compiti diversi: i ricercatori dell’INL si occuperanno di sviluppare metodi per rimuovere le batterie dagli smartphone con un braccio robotico; quelli delle University of Buffalo e Iowa State University di identificare componenti di valore (fotocamere, magneti etc.) removibili mediante robot e di trovare o sviluppare un robot in grado di farlo. Il software sarà cruciale per il successo del progetto e saranno i ricercatori della Iowa State University e di Sunnking a creare un database con immagini 2D e scansioni 3D di varie marche e modelli di smartphone.
Tramite il machine learning, poi, il database servirà ad addestrare il software che dovrà guidare il robot nelle operazioni. A tal riguardo, Neal Yancey dell’INL ha dichiarato: «Addestreremo il sistema a guardare gli smartphone e distinguere un iPhone da un “Samsung modello XYZ”, per poi rivolgersi al database per capire come operare per rimuovere la batteria».
Sunnking fornirà 100 sample di cinque diversi modelli di smartphone ai ricercatori per condurre esperimenti e sarà poi il primo riciclatore a testare il sistema verso le fasi finali del progetto biennale.
Ai ricercatori dell’INL sarà affidato anche il compito di analizzare l’aspetto economico, per capire se effettivamente un robot con AI possa ridurre i costi del riciclo. L’obiettivo dichiarato è quello di recuperare almeno il 10 percento in più di materiali e contestualmente ridurre di almeno il 15 percento i costi attuali. Per quanto questi numeri non sembrino rivoluzionari, il progetto è complesso, già — come sottolineato da Minghui Zheng della University of Buffalo, una delle figure più importanti di questo progetto — per la difficoltà di trovare un braccio robotico adeguato allo svolgimento di compiti non semplici in modo rapido e preciso.
Possibili difficoltà del progetto e colpe dei produttori
Già adesso esistono progetti che sfruttano l’AI per operare tra rifiuti solidi in plastica; altri gruppi come Biorobotics Lab della Carnegie Mellon University (che di recente ha collaborato con Apple) sta provando a sviluppare dei metodi di raccolta differenziata dei rifiuti elettronici basati sull’intelligenza artificiale.
Per quanto l’idea alla base del progetto sia interessante e sicuramente ricca di potenziale, il suo utilizzo pratico è ancora piuttosto lontano: già solo il fatto di partire da cinque modelli in tutto (contro le migliaia in circolazione) offre l’idea della mole di lavoro da svolgere; inoltre, il sistema andrà scalato per lavorare grandi volumi di smartphone in un contesto industriale.
Tutto questo senza dimenticare che il design degli smartphone si evolve nel tempo, pertanto i robot dovranno essere continuamente aggiornati a livello hardware e software per tenere il passo. Un riciclatore incline ad investire in questa tecnologia dovrebbe tener conto anche del fatto che un robot acquistato — si tratta di lavori complessi, pertanto ancora non si parla di possibilità di noleggio — potrebbe diventare obsoleto nell’arco di un decennio.
Secondo Sara Behdad — ricercatrice nel campo dell’elettronica sostenibile della University of Florida, non coinvolta nel progetto in argomento —, la vera differenza dovranno farla i produttori di smartphone, progettando dispositivi più facili da riciclare: i robot potranno essere utili, ma molti problemi attuali sono causati direttamente dai produttori, ad esempio incollando le batterie e usando viti proprietarie. Per Behdad sarebbe fondamentale affrontare tali problemi attraverso l’adozione di standard per disassemblare gli smartphone.
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