Negli ultimi tempi vi abbiamo parlato a più riprese della dismissione del 3G da parte degli operatori – Vodafone lo ha già fatto, TIM lo farà a breve – finalizzata al potenziamento delle reti 4G e 5G, ma in tutto ciò il 2G rimane saldamente al proprio posto e per dei validi motivi: esso gioca un ruolo importantissimo in diversi settori e la sua sostituzione non sarebbe affatto semplice.

Insomma, mentre negli ultimi giorni abbiamo parlato della crescita del 5G di Fastweb, dell’allineamento dell’Italia ai limiti europei di emissioni elettromagnetiche e dell’importante accordo tra Ericsson e Vodafone, il caro vecchio 2G non si tocca (per il momento).

I settori che utilizzano la rete 2G

Per quanto non sia in grado di garantire prestazioni paragonabili alle reti mobili di nuova generazione in termini di latenza e di larghezza di banda (per upload e download), la rete 2G conserva gli importanti vantaggi di una diffusione capillare e di una grande stabilità.

Per questi motivi i suoi utilizzi sono ancora molteplici e decisamente rilevanti, dal traffico voce – anche come rete di backup in caso di malfunzionamenti delle reti più nuove – agli antifurto delle auto e ai contatori di gas ed elettricità, fino a settori come l’agroalimentare, l’automazione industriale e la logistica.

Senza dimenticare le tantissime SIM M2M (Machine to Machine) – l’AGCOM (Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni) le descrive come quelle che «consentono lo scambio di dati, informazioni e comandi tra apparecchiature e dispositivi con limitata o nessuna interazione umana» – attive in Italia (a settembre 2020 erano 26,3 milioni) in macchinari, sistemi di allarme e quant’altro.

A questo proposito non si può non accennare all’Internet of Things: un rapporto elaborato da Ericsson evidenzia come allo stato attuale «il 2G e il 3G abilitano ancora la maggior parte (circa il 60%) delle applicazioni IoT» e conserveranno un ruolo significativo anche in futuro: la ricerca di Ericsson prevede che entro il 2025 le connessioni IoT cresceranno trainate dalle tecnologie 4G, 5G e Narrowband-IoT (NB-IoT), tuttavia il 2G e il 3G ne saranno ancora responsabili per il 13%.

Quando sparirà il 2G in Italia

Al netto di un ruolo che, come detto, è ancora rilevante in diversi ambiti, il 2G rimane una tecnologia vecchia e nei prossimi anni bisognerà comunque fare i conti con la sua dismissione.

Da questo punto di vista altri Paesi del mondo si sono mossi diversamente: ad esempio, negli USA l’operatore AT&T si è lasciato il 2G alle spalle già nel 2017, Vodafone in Australia nel 2018, mentre Swisscom nella vicina Svizzera ha cominciato a spegnerlo quest’anno.

Per quanto riguarda l’Italia, una data di scadenza è comunque già fissata: nel 2029 scadranno varie licenze concesse dal MiSE (Ministero dello Sviluppo Economico) ai vari operatori telefonici. Inoltre lo scorso anno c’era stata una consultazione pubblica che aveva coinvolto il MiSE e gli operatori stessi e si era discusso di una possibile anticipazione dello spegnimento del 2G.

Una dismissione anzitempo consentirebbe di mettere più risorse al servizio dell’innovazione, ma andrebbe comunque gestita adeguatamente per evitare disagi agli utenti. Basti pensare a quelli sprovvisti di VoLTE, che senza 2G potrebbero riscontrare problemi con le chiamate vocali.

In sede di consultazione pubblica si era sottolineato proprio il ruolo fondamentale del 2G/3G in ambito IoT e la necessità di avere un punto di riferimento nel medio periodo per pianificarne e gestirne il superamento – in favore, ad esempio, del Narrowband-IoT – nei sistemi di comunicazione M2M.

Altri ancora avevano posto l’accento sulla necessità di un intervento pubblico, in quanto i settori ancorati alle reti 2G e 3G «devono essere accompagnati gradualmente verso un percorso di modernizzazione dei propri servizi/infrastrutture/apparati che prevedano la progressiva dismissione di tecnologie obsolete».

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