Avete mai visto una pubblicità di Android negli scorsi 5 anni? Io no. Eppure il sistema è il più utilizzato al mondo, con quasi l’ottanta percento di quote di mercato a livello globale. Per raggiungere questo risultato non sono state impiegate costose campagne pubblicitarie con manifesti, banner, video online e pubblicità virali. È bastato lasciar fare il “lavoro sporco” ai produttori, che giocoforza han dovuto pubblicizzare i loro prodotti per venderli. A distanza di cinque anni dal lancio, Google sta finalmente definendo meglio l’identità di Android e lo sta facendo anche tramite una campagna pubblicitaria fatta di video e altro materiale.

Partirei da lontano per spiegare meglio quello che voglio dire. Escludendo i primi dispositivi come HTC Dream e HTC Magic, la maggior parte dei dispositivi Android ha avuto sin dagli albori un’animazione all’avvio che ritraeva il logo del produttore o il nome dello smartphone. L’unico modo per trovare la parola “Android” era cercare l’Android Market (quando ancora si chiamava così!) oppure andare nelle impostazioni, nella voce che riporta la versione del sistema operativo. Tutto qui.

Non c’è mai stata un’ampia pubblicizzazione del fatto che Android fosse Android. Mi spiego meglio: Windows Phone mostra all’avvio il logo, Apple non ha bisogno di far sapere ai suoi utenti cosa stanno usando (anche perché c’è un solo iPhone), BlackBerry mostra chiaramente che si sta usando un terminale BlackBerry con loghi e rimandi un po’ dovunque. Ma Android? Una persona poco colta dal punto di vista tecnologico avrebbe potuto, fino a poco tempo fa, acquistare uno smartphone Android senza neppure sapere che fosse – per l’appunto – uno smartphone Android.

Non a caso, infatti, molti utenti scrivevano che Samsung avrebbe potuto cambiare il sistema operativo sui propri dispositivi da un momento all’altro senza che gli utenti se ne accorgessero o se ne preoccupassero: in più di un senso, l’aspetto importante era il produttore e ciò che riusciva a innestare sulla base Android; cosa c’era sotto era di importanza relativa purché mantenesse compatibilità con le applicazioni scaricabili dal market di Google. Touchwiz (Samsung), Sense (HTC), Optimus UI (LG) e tutte le altre user experience modificate dai produttori rendevano, di fatto, Android un caos frammentato di interfacce differenti, API differenti e, in generale, rendevano Android una piattaforma frammentata in mille piattaforme differenti, ciascuna limitata al singolo produttore.

Non mi sono quindi meravigliato quando ho visto Google imporre ai produttori di riportare “Powered by Android” all’avvio del dispositivo, né quando ha imposto linee guida più severe sulle personalizzazioni dell’interfaccia. Dopo un periodo di espansione iniziale in cui si è data carta bianca alle aziende, ora Google ha bisogno di far vedere che dietro a tutto c’è un solo nome: Android.

Per farlo, Big G sta procedendo su molti fronti contemporaneamente:

Il motto che passa nelle pubblicità è, giustamente, “be together, not the same” (traducibile un po’ liberamente come “siate uniti, non uguali”). Il punto di forza di Android, che ne è anche un po’ il tallone d’Achille, è proprio la diversità: se oggi il robottino verde ha raggiunto la vetta è stato proprio perché è installabile (quasi) dovunque e da (quasi) chiunque.

Il fatto che Google stia promuovendo direttamente Android, però, segna un cambio di passo notevole e sostanziale: d’ora in poi sarà al centro l’ecosistema, l’esperienza Android (seppur con le varie ed eventuali modifiche), le possibilità di connessione tra dispositivi e servizi offerti da Google e così via. Non ci saranno più tanti Android diversi e personalizzati pesantemente dai produttori: ci saranno solo modifiche che non sconvolgeranno, però, l’esperienza utente. Per fare un paragone un po’ azzardato, si potrebbe dire che verrà cambiata la vernice dell’auto, ma non saranno toccate le parti che la compongono.

Se questo sarà un aspetto positivo o meno è ancora presto per dirlo. Non è facile ora dire se questo cambiamento porterà benefici in misura maggiore rispetto a quello che, inevitabilmente, verrà perso (come la grandissima varietà che finora era presente sul mercato dei dispositivi Android). Non si può neppure dire se e quanto la varietà delle modifiche al sistema sarà intaccata – ma indubbiamente ci saranno cambiamenti.

Sono abbastanza convinto, però, che dedicare ad Android come piattaforma, come complesso, come tutt’uno, più attenzione dal punto di vista della pubblicità di quanta ne sia stata concessa finora non potrà che giovare all’ecosistema. Purtroppo viviamo ancora in un mondo in cui la pubblicità ci influenza e ci guida, ma se – per una volta – desse anche qualche spunto positivo, dando ad Android la possibilità di essere maggiormente riconosciuto anche dai non “addetti ai lavori”, non sarebbe un male. Anzi.

Sono contento di questa direzione intrapresa da Google perché mette finalmente al centro Android e non più una versione specifica di un produttore di Android; non c’è più lo smartphone al centro, ma l’esperienza al completo. Questo è qualcosa che mancava ad Android ed è un ennesimo segnale del cambio di passo di Google nel marketing e, più in generale, nel porsi di fronte ai consumatori.