Vi ricordate di uBeam? La tecnologia al limite del fantascientifico che si pone l’obiettivo di trasmettere energia elettrica sotto forma di onde sonore (utili ad esempio per la ricarica di dispositivi mobili) ha subito, negli ultimi tempi, decine di critiche, da chi non la crede possibile, al di fuori delle leggi fisiche, a chi la considera pericolosa.

Dopo aver cercato di tranquillizare l’utenza sulla sua pericolosità, uBeam – o meglio il CEO della società Meredith Perry – ha deciso di rivelare nuovi dettagli sulla tecnologia, al fine di sciogliere le polemiche. “Stiamo costruendo qualcosa di reale, qualcosa di estremamente complicato, così complicato che la gente ci crede dei bugiardi”: queste le sue parole, in risposta a chi mette in dubbio il lavoro del suo team (e degli investitori che avrebbero messo sul tavolo una cifra astronomica, pari a 23,4 milioni di dollari).

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Ovviamente, bisogna andare cauti con queste idee a dir poco rivoluzionarie, e in molti potrebbero assumere la posizione “se non vedo non credo“; non per questo, però, uBeam deve essere esente dal beneficio del dubbio, e data la portata di tale innovazione essere accolta con la “mente aperta”.

Tralasciando il funzionamento di base di uBeam e i suoi effetti sulla salute (che trovate nei nostri articoli precedenti), ecco quali sono le novità emerse oggi, e tenute segrete fino ad ora:

  • il team ha sviluppato un particolare trasmettitore ad ultra suoni in grado di trasmettere e ricevere onde sonore a singola frequenza nel range 45kHz – 75kHz e con un output di 145dB – 155dB (o 316 W/m2 – 3kW/m2);
  • uBeam è in grado di ricaricare diversi dispositivi allo stesso tempo in un raggio di 4 metri dal trasmettitore;
  • uBeam è progettato per fornire un minimo di 1,5 Watt di energia allo smartphone per effettuare la ricarica, o in caso aumentare la potenza per permettere l’uso del device mentre viene utilizzato; uBeam sarebbe in grado di fornire prestazioni di ricarica paragonabili a quelle usuali via cavo, ma questo dipende dal numero di dispositivi collegati e dalla loro distanza dal trasmettitore;
  • uBeam ha registrato oltre 30 brevetti su questa tecnologia, che trova il suo cuore pulsante nel trasmettitore (di propria invenzione e non paragonabile ad altri in quanto a potenza trasmessa);
  • i brevetti comprendono diverse tecnologie, tra cui il trasmettitore ad ultrasuoni che comprende migliaia di elementi indirizzabili individualmente e controllabili, i suoi algoritmi di beamforming, e il ricevitore in grado di raccogliere energia dalle onde sonore provenienti da angoli differenti;
  • al lancio uBeam conta di vendere i trasmettitori ai suoi partner, in modo da renderli presenti nei luoghi pubblici (come bar, ristoranti) e di vendere i ricevitori implementati in particolari cover (con la possibilità di noleggiarle presso i luoghi ove sono stati installati i trasmettitori).

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Questi dati potrebbero non significare nulla ad un occhio non esperto, così i colleghi di TechCrunch li hanno sottoposti a due esperti nel campo; ecco le parole di Matt O’Donnell (PhD, Professor and Dean Emeritus of Engineering at the University of Washington, uno dei maggiori esperti mondiali nel campo degli ultrasuoni):

“If uBeam can continuously deliver 145-155 dB of ultrasound successfully to a cell phone, then it may be possible to charge a phone with at least a few watts. There is multiplicative risk in getting all of this together to work, but it may be possible. If uBeam can deliver that amount of power to a phone with reasonable efficiency, reception, and electronic management, then their system does not violate the laws of physics.”

Se uBeam è in grado di fornire con successo ultrasuoni nel range 145-155 dB ad uno smartphone, allora potrebbe essere possibile ricaricare il dispositivo con almeno qualche Watt. Ci sono diverse complicanze nel far funzionare tutte queste cose insieme, ma sarebbe possibile. Se uBeam è in grado di fornire tale potenza ad uno smartphone con efficienza, ricezione e gestione elettromagnetica ragionevoli, allora il sistema non viola le leggi della fisica.

Ricordiamo che nemmeno O’Donnell ha potuto toccare con mano la tecnologia, ma basandosi sulle informazioni fornite fino ad ora, si può concludere che essa non sia impossibile.

Babur Hadimioglu (PhD in electrical engineering a Stanford) ha una visione molto simile a quella di O’Donnell: uBeam è teoricamente possibile, ma lo studioso resta scettico fino a che non la vedrà all’opera; queste le sue parole:

While the physics of ultrasonic wireless power transmission is indeed possible, whether it will be useful in a practical application depends on details of the implementation including factors related to the receiving technology, which I could not assess.

Mentre la fisica della trasmissione di energia tramite ultrasuoni è, senza dubbio, possibile, la possibilità che tale tecnologia si riveli effettivamente utilizzabile in applicazioni pratiche dipende dai dettagli della sua implementazione, come ad esempio fattori legati alla tecnologia del ricevitore, sulla quale non posso esprimermi.

Insomma, nulla sembra bloccare uBeam dall’essere possibile e realizzabile, se non la sua implementazione che ancora viene tenuta segreta da parte del team. Restano comunque altri interrogativi, meno tecnici dei precedenti, come ad esempio il costo di tali apparecchi necessari al funzionamento: uBeam non dovrà solamente funzionare, ma dovrà fare un balzo per passare dall’ennesima tecnologia da laboratorio ad una tecnologia utilizzabile nel mondo “reale”.

A noi utenti non resta che sognare, sperando che la tecnologia e il genio umano sappiano ancora una volta stupirci.

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