Vi avevamo già parlato di uBeam, presentando l’ambizioso progetto dell’azienda: realizzare una modalità di ricarica senza fili in grado di funzionare a distanza e basata sull’utilizzo di ultrasuoni.

La tecnologia era fino ad ora celata dal più completo segreto, ma Meredith Perry – fondatrice di uBeam – ha deciso finalmente di svelare diversi dettagli del progetto, tra i quali informazioni sulla sicurezza di questo nuovo metodo di ricarica (dettagli che hanno portato all’azienda investimenti per 23,4 milioni di dollari).

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L’obiettivo di uBeam è quello di realizzare un mondo senza fili, puntando sulla loro tecnologia non solo per quanto concerne la ricarica – che permetterà anche di utilizzare batterie più piccole nei dispositivi a favore di pesi minori e minori spessori – ma anche per il passaggio di dati; ma andiamo con calma e vediamo nel dettaglio le novità.

Innanzitutto spieghiamo come uBeam funziona: il principio di base è quello di utilizzare gli ultrasuoni per trasferire energia; un trasmettitore, collegato ad una presa elettrica, converte l’energia e i dati in onde sonore, le quali verranno captate da un apposito ricevitore in grado di effettuare la riconversione e inviare l’energia o i dati al nostro dispositivo. Pensato all’inizio come metodo di ricarica per smartphone, quelli di uBeam hanno registrato oltre 30 brevetti (con un team composto da sole 20 persone) con l’obiettivo di allargarne l’uso anche a tablet, TV, lampadine e sensori vari.

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Uno dei problemi riscontrabili da tale tecnologia è la necessità di un percorso “pulito” tra il trasmettitore e il ricevitore: la presenza infatti di ostacoli – come un muro o una persona – interrompe le onde necessarie al funzionamento. Il trasmettitore, comunque, funziona diversamente da un comune speaker (il quale propaga le onde sonore in tutte le direzioni), visto che localizza il ricevitore che ha inviato la richiesta di – ad esempio – energia per poi creare un flusso di onde solamente in quella direzione.

Ma può essere sicura una tale tecnologia? Questo è stato uno dei punti interrogativi più grandi relativi a tale tecnologia: può essere in grado di svolgere il suo compito senza risultare dannosa per la salute di persone e animali? Sempre Meredith Perry ha la risposta pronta: uBeam lavorerebbe ad una lunghezza d’onda non udibile da umani e animali – operando ben al di sopra del range 20 Hz – 20 kHz (udibili dall’orecchio umano) e ai 60 kHz massimi per i cani – , oltre a non provocare danni ai tessuti o l’insorgere di malattie come cancro o dovute alle radiazioni.

Nemmeno gli animali più sensibili subiranno danni da tale tecnologia, che non verrà utilizzata sott’acqua per non creare problemi agli abitanti “non-terrestri”; inoltre, come già detto prima, le onde vengono bloccate dalla presenza di un corpo umano, non essendo in grado di attraversarlo (il 99,9% delle onde “rimbalza” al contatto con la pelle umana) .

Gli ultrasuoni utilizzati da uBeam prendono spunto da quelli utilizzati in ambito medico per le ecografie dei feti, le quali – seppur applicate a soggetti estrememente deboli – non hanno mai evidenziato problematiche.

Passando ad aspetti più tecnici, uBeam non interferirebbe con gli usuali sistemi di comunicazione o elettronici, rendendolo applicabile anche in ambienti “a rischio” come aeroplani o ospedali; gli stessi investitori avevano richiesto garanzie da questo punto di vista, e sembrerebbero essere stati tranquillizzati dai risultati (altrimenti avrebbero difficilmente elargito tali somme).

uBeam ha un altro vantaggio, insisto nell’utilizzo di onde sonore, rispetto ai principali due metodi di trasmissione di energia senza fili; ricordiamo infatti che il sistema basato sull’induzione richiede comunque il contatto del dispositivo, mentre quello basato su fenomeni di risonanza magnetica richiede trasmettitori di grandi dimensioni e ricevitori non applicabili a piccoli dispositivi.

Il prossimo passo per uBeam sarà quello di rilasciare un primo prototipo pubblico funzionante, per mostrare ai consumatori le potenzialità di questa tecnologia. Ancora da definire sono invece le modalità di diffusione dei trasmettitori, per i quali potrebbero scattare accordi di partnership con nomi del calibro di Starbucks.

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Arrivare a sera con lo smartphone ancora in vita e senza bisogno di ricaricarlo è diventato, oramai, difficile, mentre la nostra vita tecnologica si riempie sempre più di cavi di tutti i tipi; abbiamo parlato spesso di batterie innovative, perfino con l’utilizzo di funghi, ma uBeam sembrerebbe essere l’unica novità in grado di imporsi in modo completo ed efficiente, compiendo appieno l’obiettivo proprio di ogni tecnologia: portare risultati pratici in grado di rispondere a necessità e risolvere problemi. 

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