Alcuni contratti telefonici hanno spesso una durata pari a 24 mesi, e la decisione di disattivare il contratto prima della sua naturale scadenza richiede l’esborso di una cifra da parte del cliente. Ma cosa accade nel momento in cui l’utente non versa la somma di denaro? Quali sono le conseguenze a cui va incontro l’utente?

Conseguenze anche gravi

Secondo quanto dichiarato dall’avvocato Angelo Greco, l’art.1 comma 3 della legge Bersani vieta le penali sia per i gestori telefonici che delle pay TV. L’utente dovrebbe unicamente far presente all’operatore del cambio con un preavviso di 30 giorni, e poi essere libero di recedere dal contratto.

In realtà l’utente deve ugualmente pagare la “penale”, la quale, secondo un cambio di terminologia, viene semplicemente indicata come “costo di disattivazione“. Questo risulta essere legittimo nel caso in cui l’operatore telefonico fosse in grado di dimostrare che è necessario per la disattivazione della fornitura del servizio.

Cosa rischia un utente responsabile del mancato pagamento dei costi di disattivazione? È altamente improbabile che si finisca di fronte ad un giudice (sebbene sia sempre presente una possibilità) per via degli alti costi e dei tempi richiesti per queste pratiche, ma questo non slega automaticamente l’utente da qualsiasi conseguenza. Infatti, si troverà a dover valutare la possibilità di essere etichettato come “cattivo pagatore” alla banca dati S.I.Mo.TEL. a seguito di una segnalazione avanzata dall’ufficio recupero crediti incaricato alla riscossione dei costi di disattivazione.

Questo potrebbe portare l’utente a vedersi rifiutare la richiesta di entrare a far parte come cliente di un nuovo operatore telefonico, che evidentemente teme di ritrovarsi nella stessa situazione del gestore di provenienza. È sempre bene leggere con attenzione il contratto telefonico stipulato con il gestore, soprattutto le clausole relative alla disattivazione del contratto.

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