In questi ultimi tempi si parla molto di sicurezza dei dispositivi mobili e del fatto che autorità governative siano o non siano autorizzate ad accedervi per le loro indagini. Secondo quanto riferito dal direttore dell’FBI (ente investigativo che tutti conosciamo) James Comey però, pare che non sia così semplice “bucare” gli smartphone.

Gli scorsi mesi ci sono state molte polemiche in seguito alle rivelazioni effettuate da Wikileaks (abbiamo avuto modo di parlarne anche noi), secondo le quali la CIA sarebbe in grado di spiare e hackerare smartphone e altri dispositivi e lo avrebbe fatto per anni.

Il direttore dell’FBI, James Comey, ha però rilasciato una dichiarazione che sembra quasi una “richiesta di aiuto”: egli sostiene infatti che, nella prima metà dell’anno fiscale, per la sua agenzia sia stato “impossibile accedere ai contenuti di più di 3000 dispositivi mobili utilizzando strumenti tecnici appropriati, nonostante l’autorità legale per farlo”.

Comey prosegue specificando che si tratta di circa la metà di quelli analizzati in questo periodo. Non abbiamo idea di quanti di questi fossero smartphone o device Android, anche se immaginiamo che quelli rimasti indietro con gli aggiornamenti di sicurezza e le distribuzioni (secondo i recenti dati sulla distribuzione Android l’1% utilizza ancora Gingerbread) non siano di grande ostacolo.

Probabilmente le dichiarazioni del direttore suonano come una richiesta di maggiori risorse per operare meglio in tal senso, ma forse vanno un po’ a rassicurare quelli maggiormente preoccupati per la loro privacy. Comey starebbe comunque continuando a spingere per ottenere le famose backdoor direttamente dai produttori come Apple e Google.

La vicenda è ovviamente lungi dall’essere chiusa, dunque continueremo sicuramente a parlarne. Se volete leggere la dichiarazione integrale potete seguire questo link.