In un lungo e dettagliato articolo, gli esperti di iFixit hanno spiegato le ragioni per cui nessuno smartphone è impermeabile. Che è anche la ragione per cui, nonostante certificazioni più o meno elevate, nessun produttore garantisce il modello tal dei tali contro l’intrusione dei liquidi.

Senza tirarla per le lunghe, il motivo risiede nelle caratteristiche delle barriere messe a protezione dai liquidi: colla o al più silicone. Il primo elemento forma una guarnizione a tenuta stagna intorno ai pulsanti fisici, agli ingressi e più in genere a tutti quei componenti esposti ad acqua e aria; il secondo, utilizzato solo da alcuni produttori (citano OnePlus e Apple, ndr) per guarnire la scocca, si dimostra migliore in caso di riparazione ma altrettanto poco efficace.

“Quando il tuo smartphone è nuovo di zecca può sopravvivere a un’immersione in acqua, forse addirittura anche a 8 ore sul fondo di un acquario”. Il problema arriva poi, a causa dell’usura: tanto gli stress fisici, come pieghe e crepe, quanto gli stress chimici, come l’esposizione a cloro, ai minerali dell’acqua e altre sostanze, riducono notevolmente la tenuta, e dopo un anno o due lo “scudo” contro i liquidi è già bello che compromesso. E la questione non riguarda tanto il quantitativo di acqua che supera le barriere, quanto la tipologia delle sostanze che permea e reagisce a contatto coi componenti hardware. Il vero nemico è la corrosione.

Il CEO di iFixit ha assunto al riguardo una posizione estrema nel tentativo di lasciare intuire quanto si possa prendere la questione sottogamba, sia pure inconsciamente: “Il grado di resistenza della certificazione IP ha senso nelle prime 24 ore di vita del telefono. Il giorno successivo non vale più nulla”. La soluzione? Delle custodie impermeabili.

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