Il Google Play Store è il luogo perfetto dal quale gli utenti possono reperire i software di cui necessitano, lo store di applicazioni di Big G riveste quindi un ruolo cruciale per l’azienda ed è questo uno dei motivi principali per cui la società si impegna costantemente nel suo miglioramento.
Negli ultimi tempi, tanto per fare qualche esempio, abbiamo visto come lo store di Google abbia reso le ricerche più facili e immediate grazie ad una modifica al layout, come gli acquisti siano più sicuri grazie alla possibilità di abilitare la verifica biometrica, come sia stato introdotto un nuovo badge per le app governative, o ancora come in futuro il Play Store offrirà un’anteprima più precisa delle app per ogni dispositivo.
L’importanza dello store di applicazioni per l’azienda è però dovuto anche agli introiti che porta nelle casse della società, per quanto infatti siano disponibili diverse app in forma gratuita, ce ne sono altrettante a pagamento che contribuiscono alle entrate finanziarie dell’azienda; in occasione del recente Google I/O la società ha annunciato l’innalzamento del limite di prezzo per le applicazioni.
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Le applicazioni sul Google Play Store potranno costare fino a 1.000 dollari
Molti utenti non ci pensano e non ci fanno caso, ma il Google Play Store ha sempre imposto un limite al prezzo di vendita delle applicazioni; inizialmente fissato a 200 dollari nel 2015 la soglia è stata aumentata a 400 dollari, rappresentando il limite massimo di spesa per software e servizi aziendali con piani in abbonamento.
In occasione della recente conferenza dedicata agli sviluppatori, il team di Google Play ha annunciato come ora gli sviluppatori possano prezzare le loro applicazioni fino a 1.000 dollari, 940 euro per quel che riguarda il Bel Paese.
Per quanto il limite possa sembrare ridicolmente alto, se è stato imposto ci sarà un motivo: il Google Play Store è infatti cresciuto molto nel corso degli anni, accogliendo software di tutti i tipi che non solo richiedono un esborso iniziale, ma a volte anche forme di abbonamento e acquisti in app; appare subito evidente dunque come siano sicuramente presenti sviluppatori (o realtà aziendali) disposte a prezzare al rialzo i propri programmi.
A partire dal 2015 inoltre, Google ha notevolmente ampliato il numero di regioni in cui distribuisce le app attraverso il Play Store, grazie alla crescita esponenziale della diffusione di Android come sistema operativo, ormai non più relegato ai soli smartphone ma presente anche su tablet, TV, orologi, automobili, ecc. Ad aumentare però sono stati anche gli strumenti di fatturazione e le opzioni di pagamento messi a disposizione di sviluppatori e utenti, grazie ai quali potrebbe essere più semplice per alcune realtà prezzare i propri software a cifre maggiori proponendoli dietro acquisti rateali o forme in abbonamento.
Come detto Google guadagna bene grazie al Play Store, basti pensare che agli sviluppatori vendono app o beni digitali utilizzando il sistema di fatturazione della piattaforma viene addebitata una commissione di servizio del 15% per il primo milione di dollari di guadagni realizzati ogni anno, superata questa cifra il Play Store addebita una commissione di servizio del 30% sul resto, per il resto dell’anno.
Big G ha dunque preso la sua decisione, le applicazioni potranno costare fino a 1.000 dollari, resta da vedere all’atto pratico quanti sviluppatori saranno realmente intenzionati a sfruttare questa possibilità, e soprattutto quanti utenti sarebbero disposti a sborsare cifre simili per software analoghi, magari reperibili a prezzi inferiori o addirittura in forma gratuita.