Mentre il CEO di Huawei conferma la volontà dell’azienda di voler continuare ad essere un player importante nello sviluppo di Android, è innegabile che il ban di Trump ha causato non pochi grattacapi all’azienda cinese. In una interessante intervista al Finalcial Times, Joy Tan, Vice Presidente degli Affari Pubblici per Huawei USA, spiega dove nascono i veri problemi per la compagnia.

Sebbene Android sia un sistema operativo open-source, alcune porzioni del codice non lo sono. Nello specifico i Google Mobile Services (GMS) rappresentano l’ossatura di base che permette ai servizi Google di funzionare. Senza di essi non è praticamente possibile utilizzare i servizi Google, cosa che obbliga Huawei a trovare soluzioni alternative per aggirare il problema.

Gli smartphone Huawei attualmente in circolazione non hanno problemi a sfruttare i GMS, ma tutti i device commercializzati dopo il ban USA sono di fatto tagliati fuori. Ecco il motivo per cui i nuovi Huawei Mate 30 e Huawei Mate 30 Pro sono basati sulla versione open-source di Android 10 affiancato dagli Huawei Mobile Services (HMS).

La strategia di Huawei è duplice: da una parte cerca di risolvere il problema dall’interno, ovvero tramite la costruzione di una piattaforma simile a quella di Google per interconnettere servizi e applicazioni; dall’altra, continuando a mostrarsi estremamente disponibile al confronto con le autorità statunitensi, questo nonostante nessun membro del governo abbia realmente intenzione di scambiare una parola con Joy Tan o con altri membri dell’azienda.

La fermezza del ban USA per Huawei ha dato come risultato lo sviluppo di HarmonyOS, il sistema operativo di Huawei che sta crescendo sempre più, merito soprattutto del miliardo di dollari di investimenti che l’azienda cinese ha stanziato per arrivare a renderlo appetibile come iOS e Android nel giro di 2/3 anni.