Gli smartphone moderni hanno schermi stupendi, luminosi, brillanti e immersivi. Il livello qualitativo dei display, dall’avvento massiccio degli OLED, si è costantemente alzato e anzi, sulla fascia alta del mercato probabilmente lo schermo è uno di quei componenti che più sono migliorati nel tempo. Che dunque i nostri occhi siano appagati non è in dubbio, ma è altrettanto vero che le sigle e i dettagli tecnici stanno diventando sempre più complessi da comprendere e da valutare.

Un prodotto che ultimamente ha fatto discutere è Honor Magic 5 Pro, per il quale l’azienda ha (giustamente) decantato capacità superiori nel preservare il comfort visivo in condizioni di poca illuminazione e proteggere la vista degli utenti. In particolare si è fatto riferimento ad un PWM Dimming a 2160 Hz.

Proprio il PWM Dimming è una di quelle nuove sigle che stiamo imparando a conoscere, perché sempre più prodotti la espongono come asso nella manica. Ma di cosa si tratta, cosa indica e perché è importante per la salute dei nostri occhi? Che differenza c’è tra un device con PWM Dimming a 2160 Hz ed uno con PWM Dimming a 240 Hz?

Il PWM Dimming ad alta frequenza

Il problema della regolazione della luminosità sugli OLED

Per come è realizzato un OLED, se non lo sapete vi invitiamo a rivedere un video che vi abbiamo proposto qualche anno fa, si crea un problema nella gestione della luminosità. Per regolarla infatti ci sono sostanzialmente due strade, il DC Dimming e il PWM Dimming.

Nel primo caso si andrà ad agire sulla corrente che passa attraverso i diodi organici ma questo andrà ad incidere direttamente sulla qualità della riproduzione cromatica, tanto che alcune aziende non hanno nemmeno mai preso in considerazione la possibilità di adottare questa tecnologia per i propri smartphone. La seconda soluzione è il PWM Dimming, di cui appunto parleremo oggi e che rappresenta di gran lunga la tecnica più utilizzata dai diversi produttori. Questa sigla sta per Pulse Width Modulation seguito da dimming, cioè oscuramento; letteralmente può essere tratto con oscuramento per modulazione della larghezza di impulso.

Ecco come funziona: uno schermo OLED viene controllato da un segnale digitale di corrente che può essere acceso o spento seguendo un’onda non continua.

forma d'onda display

fonte: ltech-led.eu

 

Il PWM dimming va ad agire proprio sulla larghezza dell’impulso, in altre parole regola il periodo in cui i LED sono accesi e quello di in cui sono spenti in un certo periodo di tempo.

Fatto 100 l’unità di tempo di 1 secondo, è possibile descrivere la luminanza del pannello in percentuale: 10% di luminosità significa che all’interno di 1 secondo il 10% del tempo, cioè un decimo di secondo, il pannello rimane acceso, mentre per il restante 90% il pannello è spento; 50% di luminosità significa che il pannello sarà spento e acceso in egual misura e così via.

Il PWM dimming va in effetti ad ingannare il nostro cervello grazie al fenomeno della persistenza retinica. L’uomo infatti è in grado di dissociare immagini consecutive solo fino ad una frequenza di 20 Hz, cioè fino a 20 immagini al secondo. Superato questo limite il nostro sistema visivo non riesce più a distinguere immagini diverse e va a fonderle dandoci la percezione di un qualcosa di non corrispondente alla realtà.

Nella fattispecie una sequenza ripetuta di uno schermo acceso e spento ad alta frequenza, verrà percepita come uno schermo acceso ma con luminosità inferiore. D’altra parte il meccanismo è lo stesso che ci fa percepire una sequenza di immagini come un video, più i frame per secondo saranno elevati e più ci sembrerà di vedere movimenti fluidi. Il cinema è infatti basato su una pellicola a 24 fps, cioè 24 immagini che scorrono in 1 secondo.

Funziona tutto solo in teoria

Si, funziona e in effetti per tanto tempo si è usata questa tecnica che in linea teorica è la migliore per la gestione di uno schermo a LED. Nella realtà però le cose non sono così semplici perché ci è accorti che nonostante il cervello venisse ingannato, in realtà i nostri occhi erano in grado di reagire ai cambiamenti di luce molto più velocemente, tanto che si ipotizza che la frequenza oltre la quale l’occhio non percepisca variazioni sia addirittura di 3000 Hz, cioè 3000 volte al secondo.

In altre parole ci si è resi conto che mentre il nostro cervello ci restituiva l’immagine di uno smartphone acceso ad una luminosità inferiore, in realtà il sistema visivo con tutti i suoi elementi nervosi, continuava a reagire ai flash dello schermo continuamente acceso e spento, andando a creare grossi disturbi nei soggetti più sensibili e affaticamento per la maggior parte delle persone.

La soluzione

Abbiamo parlato dei 3000 Hz come frequenza limite, in realtà si tratta di un valore convenzionale detto CFF (critical flicker frequency) a cui più ci si avvicina e più diminuiscono le probabilità di creare disturbi dettati dal flickering, ovvero quello sfarfallio che i nostri occhi percepiscono guardando uno schermo digitale che si accende e spegne ad alta frequenza.

La soluzione proposta da Honor con il Magic 5 Pro è quella di alzare la frequenza di flickering fino a 2160 Hz. Cioè lo schermo gestisce il valore di luminosità aggiornando il suo stato on/off 2160 volte al secondo, quanto basta per ingannare non solo il cervello ma anche il nostro sistema oculare, con il vantaggio di non andare ad affaticare la vista a valori bassi di luminosità.

Per darvi un’idea tenete presente che la maggior parte degli smartphone si aggiornano a 240 Hz, quasi 10 volte più lentamente! Il PWM dimming ad alta frequenza non è dunque di per sé una novità, ma la rivoluzione sta nella frequenza elevata alla quale agisce.

Differenze con il refresh rate dei display

Non bisogna confondere la frequenza di PWM dimming con il refresh rate dei display. Nel secondo caso infatti ci si riferisce alla frequenza con cui i pixel cambiano il loro colore e di conseguenza l’immagine viene aggiornata sullo schermo. Tendenzialmente quasi tutti gli smartphone di fascia alta hanno ormai un refresh rate di 90 o 120 Hz, ma questo non ha nulla a che vedere con la frequenza di PWM dimming, che abbiamo visto essere molto diversa tra un modello e l’altro.

I risvolti pratici

Proviamo ora a riportare tutto questo su un piano di utilizzo quotidiano. Cosa cambia tra uno smartphone con PWM dimming a 240 Hz ed uno a 2160 Hz? Usando Honor Magic 5 Pro alla sera vi renderete conto che la vista è meno affaticata, in particolare quando ci si trova in ambienti bui, ad esempio a letto prima di addormentarsi.

Mentre con altri smartphone, specialmente quelli con un controller del display meno raffinato, si sentono gli occhi stanchi e una sensazione di pesantezza mentale, con un sistema più evoluto questi effetti saranno molto mitigati, fino a scomparire. Considerando il tempo che passiamo a guardare i nostri smartphone, capirete l’importanza che assume poter contare su un display attento alla nostra salute.

La strada è quella giusta, speriamo che sempre più produttori la intraprendano e non solo per gli smartphone più costosi.

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