È iniziato nella giornata di ieri il dibattimento che vede contrapposte Oracle e Google in una battaglia legale che sta andando avanti da parecchi anni. Secondo le accuse di Oracle, il colosso di Mountain View avrebbe utilizzato 37 API nella creazione di Android senza pagare le presunte licenze e per questo Oracle chiede un risarcimento astronomico di oltre nove miliardi di dollari che ovviamente Google non intende pagare.

La strategia difensiva di Robert Van Nest, il legale di Google, si basa su una serie di concetti chiave che puntano a demolire le accuse di Oracle. Si parte dal presupposto che Java è nato come linguaggio gratuito e libero, voluto da Sun Microsystems e donato gratuitamente al mondo perché lo utilizzasse.

Per quanto riguarda le API incriminate, Van Nest fa notare che coinvolgono circa 11.000 righe di codice su un totale di oltre 15 milioni, meno di un decimo dell’uno per cento. L’utilizzo fatto da Google delle API Java è stato trasformativo tanto che sono state necessarie milioni di ore uomo per creare Android da zero, visto che la versione mobile di Java non era in grado di girare correttamente sugli smartphone.

Un altro argomento su cui punta la difesa è che Sun, il creatore originario di Java, non ha mai avuto nulla da obiettare a proposito dell’uso delle API tanto che l’ex CEO di Sun ha ripetutamente testimoniato a favore di Google. Van Nest ha proseguito affermando che la realtà è molto diversa da come la dipingono Larry Ellison (CEO di Oracle)  e Oracle, i quali sostengono che Android abbia costruito le proprie fortune sulle API Java, arrivando a rendere pubblici alcuni documenti privati di Google.

La difesa ha mostrato come Ellison ed Oracle fossero consapevoli dei punti deboli del proprio software e del fatto che non avrebbe mai potuto rappresentare una soluzione percorribile nel settore degli smartphone. Il dibattimento è continuato con la deposizione di Eric Schimdt, ex CEO di Google ed attuale presidente di Alphabet che ha confermato come tutta la fase di sviluppo sia stata fatta alla luce del sole, senza nascondere l’utilizzo delle API incriminate e senza che Sun, allora proprietaria di Java, avesse nulla su cui obiettare, ricevendo invece lodi e complimenti per le migliorie apportate.

L’accusa, rappresentata dall’avvocato Peter Bicks, ha puntato il dito sul fatto che Google non ha alcun documento scritto che la autorizzi all’uso delle API Java, impostando il contro interrogatorio sulla teoria, dimostrata da una serie di documenti, secondo cui Google basa i suoi guadagni sulla pubblicità generata dagli utenti Android, nel chiaro intento di dimostrare che Oracle ha diritto ad una parte di quegli introiti.

Dalle prime fasi del processo sembra che le due parti siano intenzionate a procedere sulle proprie tesi senza nessun compromesso e spetterà alla giuria, una volta terminate le deposizioni, stabilire da quale parte stia la ragione. Ancora più interessante sarà conoscere l’entità del risarcimento nel caso fossero riconosciuti i presunti diritti di Oracle, visto che le richieste iniziali sembrano quanto meno fuori luogo.

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