La controversia legale che da sei anni vede contrapposte Oracle e Google si appresta a vivere un nuovo capitolo, dopo che la Corte Suprema degli Stati Uniti ha rispedito il caso ad una corte di livello inferiore affinché si pronunciasse. La causa verte sull’utilizzo di alcune API di Java che secondo Oracle sarebbero state integrate in Android senza permesso da parte di Google.

Dal canto suo Google sostiene che le API non possono essere coperte da brevetti o copyright ed una sentenza del 2014, successivamente ribaltata, sembrava dare ragione a Big G. Ora i due colossi si preparano a darsi nuovamente battaglia nelle aule di tribunale ed un primo scontro è atteso per la fine del prossimo mese. Oracle ha annunciato di essere intenzionata a chiedere un risarcimento pari a 9,3 miliardi di dollari, basando la cifra sui presunti guadagni ottenuti da Google grazie al suo sistema operativo Android.

Google ha annunciato che a partire da Android N passerà alla versione open source del Java Development Kit di Oracle, mettendosi al riparo da futuri problemi di licenze e permessi e che intende chiedere un risarcimento pari a 100 milioni di dollari per i danni causati dalla diffusione di informazioni riservate.

Come accade sempre in queste situazioni viene spontaneo chiedersi se le due parti non farebbero meglio a trovare un accordo pacifico piuttosto che “scannarsi” nelle aule di tribunale, riempiendo le tasche di costosissimi avvocati piuttosto che investire quelle somme nello sviluppo dei propri prodotti.

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