Uno degli ultimi protagonisti del dibattimento che vede contrapposte Oracle e Google è stato nella giornata di ieri Larry Page, co fondatore di Google ed attuale CEO di Alphabet. L’avvocato di Oracle ha subito ripreso il discorso legato ai presunti guadagni ottenuti da Google grazie ad Android negli ultimi otto anni, venendo però immediatamente corretto da Larry Page.

Secondo Oracle infatti la compagnia di Mountain View avrebbe guadagnato 42 miliardi di dollari da Android, dopo che le stime iniziali parlavano di 31 miliardi di dollari. Page ha affermato che solo una parte di quella cifra è effettivamente finita nelle tasche di Google che ha dovuto girare una grossa fetta degli introiti  ai produttori di smartphone e agli operatori mobili.

Larry Page ha poi ricordato che “quando Sun ha creato Java, ha stabilito che dovesse rimanere open source. Google non paga per prodotti liberi e open source”. Il CEO di Alphabet ha poi continuato sostenendo che la politica di reimplementare le API è molto comune tra gli sviluppatori e che l’operazione effettuata da Google con le API Java è stata trasformativa e originale, che fa ricadere l’intervento nel campo del fair use.

Inoltre all’epoca dei fatti le API non potevano essere protette da copyright ed il fatto era stato riconosciuto da parecchi giudici. Peccato che la corte d’appello alla quale si è rivolta Oracle la pensasse diversamente, portando le due parti a questo ennesimo scontro.

Larry Page ha raccontato di aver deciso di creare uno smartphone e un nuovo sistema operativo dopo essere rimasto frustrato dall’esperienza con i dispositivi di alcuni anni fa, molti dei quali utilizzavano Java ma non erano in grado di condividere un’immagine o di eseguire correttamente buona parte dei software scritti da Google.

Il dibattimento si avvia ormai al termine e a partire da lunedì gli avvocati delle due parti procederanno con le rispettive arringhe prima del verdetto della giuria che dovrebbe mettere la parola “fine” alla questione che ormai si trascina da sei anni.

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