Non siamo ai livelli di Huawei, che a causa del ban commerciale imposto dall’ex presidente Trump sta attraversando enormi difficoltà, ma l’inserimento di Xiaomi nella Entity List firmato pochi giorni fa non è andata giù al colosso cinese, che teme pesanti ripercussioni economiche nel breve termine.

Ricordiamo che il provvedimento emesso dal governo americano impone a tutti gli investitori statunitensi di cedere le proprie quote azionarie di Xiaomi e vendere in propri investimenti fatti con il produttore cinese entro l’11 novembre 2021.

Secondo il governo USA Xiaomi avrebbe legami con l’esercito popolare cinese e per questo potrebbe rappresentare una minaccia per la sicurezza del popolo americano, tanto che il colosso cinese è stato definito “Società militare cinese comunista”. Xiaomi ha sempre smentito in maniera categorica qualsiasi collegamento sia con l’esercito che con il partito comunista, affermando la propria indipendenza.

Per far valere le proprie ragioni, e ottenere l’immediata rimozione dalla blacklist, Xiaomi ha deciso di fare causa ai dipartimenti della Difesa e del Tesoro degli Stati Uniti. Nel documento presentato il 29 gennaio presso la corte distrettuale del District of Columbia vengono chiamati in causa Lloyd Austin, segretario della Difesa, e Janet Yellen, segretario del Tesoro, nonostante non fossero ancora in carica al momento del ban.

Tra i principali investitori americani di Xiaomi troviamo Vanguard Group e State Street Corp, senza dimenticare Qualcomm, una delle prime compagnie a credere in nel produttore asiatico.

Nel documento la decisione dell’amministrazione Trump viene definita illegale, soprattutto perché non sono state fornite motivazioni a supporto della decisione, presa in modo del tutto arbitrario e irragionevole e senza dar modo a Xiaomi di difendersi davanti a una corte, in violazione al quinto emendamento. Ecco perché la compagnia chiede ai tribunali americani di dichiarare illegale la decisione e di revocarla immediatamente.

Xiaomi, pur non avendo grossi interessi commerciali negli USA (non vende i propri smartphone ma solo alcuni accessori) vuole dunque evitare una escalation che porti alla stessa situazione in cui si trova Huawei, con il rischio di vedere seriamente compromesse le proprie attività nel resto del mondo. In particolare l’India dove la compagnia di lei Jun ha ottenuto negli ultimi anni un enorme successo commerciale.