La maggior parte degli sviluppatori adotta un atteggiamento molto conservativo quando si tratta di aggiungere nuove funzioni, soprattutto se sperimentali, nel timore di danneggiare i propri utenti e di vedere ridotta la propria base installata.

WhatsApp è un ottimo esempio, con pochissime novità, che rimangono a lungo nelle beta private, passano per la versione beta e dopo infiniti test vengono rilasciate anche nella versione stabile. L’atteggiamento di Google invece può essere collocato all’estremo opposto, con test A/B a ogni piè sospinto, nuove applicazioni che spariscono dopo qualche mese, o nei casi migliori dopo uno due anni, e funzioni che appaiono e scompaiono, suscitando a volte il malcontento tra gli utenti.

Ecco dunque che negli ultimi anni abbiamo visto numerose applicazioni di messaggistica dedicate al mercato consumer, quasi tutte scomparse nel nulla, altre trasformate in applicazioni dedicate al business e altre che hanno visto le proprie funzionalità “risorgere” all’interno di altre realtà. È il caso di Inbox o Allo, chiuse senza troppi complimenti ma che hanno visto alcune feature trasferite su Gmail e Messaggi.

Google però non si limita a questo genere di test, con applicazioni che vanno e vengono, ma profonde numerosi sforzi anche a un livello inferiore, inserendo continue novità nelle proprie applicazioni, per verificare il gradimento degli utenti. Ecco che nella tastiera Gboard finisce una funzione per la creazione di GIF animate, non propriamente indispensabile per questo tipo di applicazione, o Gmail si ritrova con la possibilità di inviare pagamenti.

Non è un comportamento illogico se ci pensiamo bene: Google crea un nuovo servizio e, oltre a creare un’app dedicata, come nel caso di Google Pay, prova a inserirlo un po’ ovunque nelle proprie app. Google Maps potrebbe essere l’app perfetta per inserire una funzione di pagamento, magari per l’ingresso a un museo o a un’attrazione.

Gli utenti potrebbero però pensarla diversamente e non utilizzare l’applicazione, o utilizzarla saltuariamente. Per Google è un costo mantenere tale funzione all’interno dell’app, e se il ritorno economico (soprattutto tramite banner e pubblicità) non è sufficiente, è logico che la funzione sparisca. È altrettanto normale che qualcuno finisca per lamentarsi, magari qualche migliaio di utenti che la utilizzavano, ma per Google, abituata a numeri ben più importanti, si tratta di briciole.

Inutile quindi lamentarsi, con post sui social network, l’alternativa sarebbe quella di avere tutte le funzioni all’interno di tutte le app. Qualcuno potrebbe trovare utile la possibilità di inviare una mail dall’app di navigazione, o navigare da Gmail senza passare per Maps.

Per Google sarebbe un incubo, una quantità sterminata di funzioni da mantenere e aggiornare, con la possibilità che una minima variazione vada a scatenare un effetto valanga che potrebbe provocare errori difficili da correggere. Non sarebbe certo la Google Experience che tanto piace agli utenti.

Ecco perché non dovreste fossilizzarvi su determinate applicazioni, o sviluppare l’intero flusso delle vostre attività intorno a poche applicazioni, che potrebbero lasciarvi in braghe di tela qualora venissero chiuse. Va detto che Google è quasi sempre in grado di offrire alternative, con altre applicazioni che sostituiscono egregiamente le funzioni perse, anche a costo di rendere meno semplice o intuitivo il flusso delle operazioni.

Pensate ad esempio ad Android Beam, una funzione presente da tempo immemore nel robottino verde, e utilizzata da una quantità decisamente ridotta di utenti (quando non completamente ignorata), nonostante offra una comoda e semplice possibilità di trasferire file. Difficilmente comunque il comportamento di Google è deleterio nel lungo termine. Le funzioni fondamentali rimangono e si evolvono, quelle sperimentali talvolta diventano virali e trovano il loro posto definitivo.

Questa è la strategia di Google, adottata da sempre e che sembra aver dato i propri frutti. Dopotutto Android è il sistema per smartphone più diffuso al mondo e salvo poche eccezioni i servizi Google sono utilizzati ovunque. Il colosso di Mountain View ha deciso che il miglior approccio al mercato è quello di gettare tanta carne al fuoco e vedere quale è apprezzata dagli utenti, gettando quello che rimane.

D’altro canto gli utenti si aspettano proprio questo da Google, che non a caso non si tira indietro nemmeno nel settore hardware, con numerosi esperimenti, considerati a volte folli (vedi il caso del notch di Google Pixel 3 XL), ma che nascondono sempre delle motivazioni valide, e che servono per continuare a proporre soluzioni all’avanguardia.