Vi ricordate “Lo strano caso di Uniloc e dei signori Davis, uno strano caso legato a patent troll, avvocati e giudici strettamente imparentati tra di loro. La storia sembra ripetersi in India dove i protagonisti sono Anil Dave, giudice della Corte Suprema, e i suoi due figli, Alay Anil Dave e l’avvocato Nachiket Dave.

L’articolo 32 della costituzione indiana contiene uno strumento chiamato Public Interest Litigation che permette a chiunque di portare una causa legale direttamente davanti ad un giudice della Corte Suprema Indiana, se lo scopo è quello di proteggere il pubblico interesse. La causa del contendere è nientemeno che Pokémon GO, il gioco che ha spopolato in tutto il mondo ma che non è ancora disponibile ufficialmente in India.

Questo non ha impedito agli appassionati di giocare, visto che è stato sufficiente ricorrere ad un file APK per poter dare la caccia ai mostri tascabili. Alay Anil Dave ha portato la questione di Pokémon GO davanti all’alta corte del Gujarat sostenendo che alcune azioni del gioco sono profondamente offensive:

“Secondo alcune pratiche spirituali, incluse le pratiche religiose descritte nei Veda, negli Upanisad e in altri testi religiosi, consumare un uovo è considerato riprovevole e contrario ai precetti religiosi e la rappresentazione di tali uova nei templi e in altri luoghi di culto danneggia i sentimenti religiosi.”

Se non bastassero le motivazioni religiose a rendere indesiderato Pokémon GO, Alay Anail Dave tira in ballo la sicurezza nazionale, aprendo la strada a cospirazioni globali secondo cui la CIA potrebbe utilizzare il gioco per mappare aree attualmente non disponibili su Google Maps. L’accusa verso Niantic è di “voler colpire alle radici l’individualità e l’esistenza stessa della religione Hindu”.

Per finire non mancano le accuse sollevate anche in altre parti del mondo, riguardanti la presunta violazione della privacy, il pericolo a cui sono sottoposti i giocatori che cercano nuovi Pokémon da catturare e la cattiva influenza che un simile gioco può avere sui giocatori. La petizione si chiude con un importante monito:

“Nessuna persona o Stato è autorizzato a commettere, direttamente o indirettamente, un atto simile e non può permettere attività così profondamente anti-religiose nascondendole dietro al pretesto di un gioco.”

Se la petizione dovesse essere accolta, i giocatori indiani potrebbero essere costretti a rinunciare alla possibilità di giocare a Pokémon GO. Cosa ne pensate? Niantic avrebbe dovuto informarsi delle culture e delle religioni dei vari paesi per evitare di trovarsi di fronte a situazioni che per alcuni possono essere normali e per altri invece sono contrarie alla propria fede religiosa? Ricordate che Pokémon GO non è disponibile ufficialmente in India e tra i motivi del ritardo potrebbe benissimo esserci la necessità di inserire alcune limitazioni al gioco.