Probabilmente non ne sentirete mai la necessità, ma il King Abdullah University of Science and Technology (KAUST) ha messo a punto una tecnologia semplice ed economica per realizzare smartphone autodistruttivi; se invece siete un agente segreto o una spia in stile Holliwood, la cosa potrebbe interessarvi.

Parliamo infatti di un sistema di autodistruzione che permette di distruggere (per l’appunto) chip spessi fino a 90 micrometri. La tecnologia si basa sull’applicazione di uno speciale polimero al chip stesso all’interno del dispositivo (che può essere ad esempio uno smartphone): il polimero rimane dormiente fino a che non viene surriscaldato ad una data temperatura, raggiungibile tramite l’applicazione di una piccola potenza elettrica (500/600 mW).

Il procedimento di autodistruzione può essere avviato anche a distanza, ad esempio tramite un segnale GPS (in risposta ad uno spostamento non voluto del dispositivo in questione), o tramite un fascio luminoso, oppure ancora all’apertura del dispositivo (tramite un sensore di pressione), o tramite l’inserimento di un codice da un’app dedicata.

Il team è al lavoro per applicare tale tecnologia anche su altri dispositivi, come ad esempio dischi di memoria su cui può essere salvato materiale “sensibile”.

Il costo di tale tecnologia sarebbe estremamente basso, circa 15 dollari o anche meno, in base al volume. Secondo il team di ricerca i primi clienti sarebbero entità attente alla protezione dei dati: gruppi di intelligence, aziende, banche e molti altri; perché uno smartphone che esplode può avere anche un senso, l’importante è che non lo decida da solo (vero Galaxy Note 7?).