I ritratti sono tradizionalmente una scelta molto frequente quando si scatta con uno smartphone, gli auto-ritratti sono diventati così famosi da essersi guadagnati l’appellativo di Selfie, una parola che ormai è entrata nel nostro uso comune con un significato universalmente riconosciuto.
I ritratti sono talmente importanti che sulla maggior parte delle applicazioni fotografiche c’è una modalità dedicata, quando addirittura non sono previste fotocamere aggiuntive che possano aiutare nella realizzazione di fotografie dall’aspetto professionale.

Insomma, selfie, autoscatti, ritratti sono il pane quotidiano di uno smartphone e rappresentano una buona percentuale di tutte le fotografie pubblicate sui nostri profili Instagram e Facebook, bene, oggi vi sveliamo un paio di metodi molto semplici per migliorare questo tipo di fotografie, simulando il classico effetto sfocato, o effetto bokeh, che deriva dal termine giapponese che significa “sfocatura”.

Per fare un buon ritratto non basta solo un marcato bokeh, ma ci vuole una bella luce, le giuste distanze, colori, composizione (e un bel soggetto possibilmente n.d.r), tutte condizioni che però spesso non si riescono a ritrovare nell’ambito della fotografia “al volo” come quella da smartphone, magari ci sarà l’occasione per parlare anche di questo in un prossimo contributo, mentre per il momento concentriamoci proprio sullo sfocato, cercheremo quindi di simulare uno stacco tra il soggetto e lo sfondo, proprio come avviene nelle immagini che escono dalle macchine fotografiche, non grazie al software, ma grazie alla fisica.

Non sarà facile ottenere uno sfocato credibile, in particolare è molto difficile ricreare la gradualità dello sfocato, che diventa più intenso man mano che ci si allontana dal punto di fuoco, ovvero dal soggetto ritratto. Ci proviamo, d’altra parte smartphone come il Google Pixel 4 XL e prima di lui la serie Pixel 3, hanno dimostrato che il software può fare miracoli, anche senza l’ausilio di più fotocamere.

Due app che funzionano bene

Non servono software complessi per raggiungere i nostri obiettivi, vi proponiamo due applicazioni con cui ci siamo trovati bene.

La prima si chiama DPTH ed è gratuita se accettate un watermark sulle foto, per rimuoverlo invece il prezzo è di 3,19€ una tantum e sbloccherete anche una serie di funzioni aggiuntive.

DPTH sta per depth, in inglese “profondità” e suggerisce le capacità dell’applicazione, ovvero creare una mappa di profondità in tre dimensioni dell’immagine che volete modificare.
All’apertura della foto partirà l’elaborazione che può durare qualche secondo, fino ad un massimo di 30, al termine della quale avrete già di fronte a voi un buon risultato, chiaramente molto dipenderà dalla qualità della foto stessa e dall’eventuale disponibilità di dati di profondità catturati dal sensore ausiliario.

Una volta ottenuta la mappa potrete modificare il punto di fuoco, la profondità di campo e l’intensità dello sfocato, purtroppo non invece possibile rifinire manualmente i contorni del soggetto, e questo rappresenta l’unico vero limite dell’applicazione.

Giostrando un po’ con i vari parametri il risultato potrà essere davvero convincente, in ogni caso buona parte della riuscita dipenderà dalla base e soprattutto dalla scena immortalata: più saranno gli elementi a distanze diverse e ravvicinate e più sarà difficile per il motore di IA capire le differenti profondità.

La seconda app si chiama Point Blur, è completamente gratuita e prevede un funzionamento manuale per l’applicazione dello sfocato.
Potrete applicare diversi tipi di sfocatura e con 5 diversi livelli di intensità, poi sfruttare due tipi di pennello per determinare quali aree devono essere sfocate.

E’ possibile procedere applicando la sfocatura su tutta l’immagine e poi eliminarla dal soggetto, oppure applicarla direttamente sullo sfondo.
Aiutandosi con un pinch in si può lavorare sui piccoli dettagli, poi sarà sufficiente un po’ di pazienza per ottenere risultati convincenti.
L’arma in più di Point Blur è la gradualità dello sfocato selezionabile manualmente, questo consente di ricreare un effetto più naturale, il limite invece è di avere a disposizione solo 5 livelli di intensità, molto spesso non sufficienti per ricreare perfettamente la profondità della scena.