Alzi la mano chi pensava che Nokia sarebbe tornata sul mercato così presto dopo la vendita della divisione telefonia a Microsoft e che l’avrebbe fatto con un dispositivo Android. Io, personalmente, pensavo che ci sarebbe voluto ben più di qualche mese e mi aspettavo che si sarebbe cominciato a rivedere il nome Nokia a partire dal 2016. Così non è stato, e potrebbe essere una fortuna.

Il primo prodotto della nuova Nokia, che ora produce in Cina nelle fabbriche di Foxconn e non in Finlandia, è il Nokia N1: un tablet che pare un incrocio tra l’iPad Mini e l’iPhone 6, con un design davvero bello (seppur poco originale) e con caratteristiche tecniche davvero niente male, con un prezzo di 249$ tasse escluse (che potrebbe arrivare a 299/349€ una volta applicate le tasse) che lo rende ancora più appetibile. Il fatto, poi, che includa anche le applicazioni di Google fa capire che Nokia è tornata a fare sul serio e vuole davvero dire la sua nel mercato Android – non come accaduto con Nokia X, che era un Android “Microsoftizzato”.

È un cambio di rotta non da poco: nel giro di pochi mesi il marchio Nokia è passato da paladino di Windows Phone (era, in fin dei conti, l’unico produttore a sostenere con forza tale sistema operativo) a produttore di dispositivi con Android come ce ne sono tanti. Non è un mistero che Nokia stesse lavorando ad Android come “piano B” nel caso in cui il contratto con Microsoft, che sarebbe dovuto terminare quest’anno, fosse andato male; l’annuncio del ritorno sul mercato conferma però che Nokia ha ancora qualcosa da dire.

Perché però questo tablet è così importante? Da un lato era totalmente inatteso in questi termini e questo lo rende importante di per sé; dall’altro segna il ritorno del marchio Nokia, della famosa serie “N” (non è un caso che si chiami “N1”!) e dell’impegno della casa finlandese a proporre prodotti che il mercato effettivamente vuole. Non che i dispositivi con Windows Phone non fossero validi o desiderabili, ma semplicemente mancava quel quid che li metteva alla pari con la concorrenza.

Windows Phone non è, purtroppo, ancora maturo come Android od iOS: la piattaforma di Microsoft è ottima e trovo che comprare in questo momento un Windows Phone sia una delle mosse più azzeccate che si possano fare, vista la crescita vertiginosa che c’è nel parco applicazioni e nelle funzioni. Il problema è che il sistema ha ancora un che di work in progress e, soprattutto, fino a poco fa mancava di funzioni che sono considerate standard ormai da anni sulle altre piattaforme – come, ad esempio, un centro notifiche.

La “vecchia” Nokia, che ora è diventata parte integrante di Microsoft, continuerà a proporre prodotti di altissima qualità con un sistema operativo che sta migliorando ogni giorno che passa: Windows 10 dovrebbe portare ulteriori novità che renderanno il sistema di Microsoft davvero in grado di dire la sua nel mercato della telefonia. Eppure la “nuova” Nokia (quella rimasta in Finlandia) punta tutto su Android.

In fin dei conti, il problema è duplice:

  • Windows Phone non è personalizzabile dal produttore, col risultato (sia positivo che negativo, a seconda dei punti di vista) che tutti i Windows Phone sono uguali, con l’unico elemento di differenziazione che sta nelle applicazioni create dai produttori. Android, invece, permette di dare un’esperienza diversa ai propri clienti;
  • il mercato vuole Android e vuole (soprattutto) prodotti con un ecosistema vitale, con tante applicazioni e con tutti i servizi che usa di solito. Un ecosistema in cui manca l’applicazione di YouTube viene scartato.

L’approccio di Nokia ad Android sembra essere lo stesso che guidò la società finlandese verso il successo: hardware di qualità coniugato con software aperto e accessibile, con funzioni che rendono facile ed intuitivo l’utilizzo del dispositivo. È troppo presto per dire se Nokia avrà successo in questa nuova avventura o se rimarrà schiacciata dal peso di Samsung e degli altri player del mercato Android. Quello che si può dire, però, è che che le mosse del produttore finlandese diventano improvvisamente più chiare.

Nokia ha venduto la sua divisione telefonia, da tempo in perdita, per ben 5 miliardi di Euro. Si è anche sbarazzata degli impianti produttivi, eliminando un costo non da poco. A questo punto si è potuta concentrare sulla progettazione di nuovi dispositivi e sul software senza dover fare i conti con la manifattura dei prodotti. Ora che è libera da contratti con Microsoft e con altre realtà, Nokia ha davvero la libertà di fare quello che vuole: con diversi miliardi di dollari in cassa e divisioni in attivo (infrastrutture di rete e servizi), può decidere di produrre i dispositivi che vuole con il software che vuole. Il time to market dei prodotti si abbassa notevolmente rispetto ai tempi di Symbian e la possibilità di personalizzare Android fa distinguere Nokia dalla massa.

Quella che sembrava una mossa a favore di Microsoft (vendere la divisione telefonia) sembra ora all’improvviso una mossa geniale per tornare sul mercato in grande stile e sfondare: se le vendite di Windows Phone erano basse con il marchio Nokia, amato da pressoché tutti gli europei e non solo, con il marchio Microsoft non ci si può aspettare certo un’impennata verso l’alto. Di contro, il marchio Nokia associato ad Android può davvero “fare il botto”, perché erano anni che tutti i sostenitori di entrambi i marchi chiedevano a gran voce che questo si realizzasse. Risultato: Nokia si disfa di una divisione in perdita guadagnandoci; torna ad imporre il suo marchio come punto di riferimento; ripropone ciò che l’aveva portata al successo ovvero qualità dell’hardware, usabilità del software e distinzione dalla massa (o almeno si spera).

Se è vero che non tutti i mali vengono per nuocere si può dire che Nokia abbia subito un male necessario per rinascere? Lo spero vivamente, così come spero che l’ultimo grande nome europeo nel mondo della tecnologia torni a dire la sua, magari – perché no? – adottando anche in futuro la sua vecchia creatura ora mutata: Sailfish OS. Ma questo è un sogno che, purtroppo, difficilmente potrà avverarsi. Staremo a vedere.

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