Anche a voi è capitato di sentirsi rimproverare di passare troppo tempo con lo smartphone? Ebbene, la dipendenza da smartphone esiste, ed ora ha anche un nome: nomofobia, abbreviazione di no-mobile-phone fobia.

A svolgere studi su questo argomento è il Dott. David Greenfield, professore di Psichiatria presso l’Università del Connecticut, che è riuscito ad identificarne i sintomi. Questi includono sensazioni di panico o di disperazione ogni volta in cui non abbiamo il nostro smartphone, la separazione dalle cose e dalle persone che ci circondano quando lo usiamo, o più semplicemente il controllare le notifiche per tutto il tempo. In alcuni casi, si può arrivare a pensare di sentir squillare il proprio smartphone, un fenomeno conosciuto come lo squillo fantasma o come la sindrome da vibrazione del cellulare.

Ma cosa rende possibile questa dipendenza? Gli studi del Dott. Greenfield hanno trovato un legame tra il nostro smartphone e i trasmettitori della dopamina nel nostro cervello.

La dopamina è una sostanza chimica prodotta dal nostro corpo: quando ci accade qualcosa di buono, il cervello rilascia una piccola dose di dopamina, che agisce come ricompensa dal corpo. La nomofobia si verifica proprio a causa di una cattiva regolazione della dopamina associata all’uso dello smartphone. Infatti, ogni volta riceviamo una notifica, nel nostro cervello avviene un piccolo aumento della dopamina dovuto alla possibilità che ci sia qualcosa di interessante. E questo anche se effettivamente non sappiamo ne di cosa si tratta ne se sarà una cosa buona: con una metafora, immaginiamola come una piccola slot machine.

Da uno studio di Harris Interactive, emerge come il 63% degli utenti controlli lo smartphone una volta all’ora, mentre il 9% almeno una volta ogni 5 minuti. Alcune persone non riescono nemmeno ad uscire di casa senza il loro smartphone, anche nel caso di una commissione veloce.

Come in ogni dipendenza, il primo passo da fare è quello dell’ammissione: la negazione è il primo scoglio che le persone si ritrovano a dover superare.

Ma ci pensa lo psichiatra Dale Archer a tranquillizzarci: infatti, secondo lui, solamente l’1% della popolazione avrebbe raggiunto un livello tale da riguardare la propria vita.

La nomofobia, tra l’altro, non è ancora stata aggiunta al DSM, il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Tra gli psicologi che ne hanno proposto l’aggiunta, ci sono due italiani, Nicola Luigi Bragazzi e Giovanni Del Puente, dell’Università di Genova, convinti che i dispositivi mobili in alcuni casi possano avere un impatto pericolo sulla salute umana.

La nomofobia è intesa come sottoinsieme della dipendenza da Internet: infatti, gli smartphone non sono altro che dei semplici punti di accesso alla rete, e la facilità non fa altro che peggiorare le cose.

In alcuni paesi, come la Cina e gli Stati Uniti, sono già stati creati dei campi che mirano a curare la nomofobia scollegando completamente i loro ospiti, a favore di attività più salutari.

Ma secondo gli esperti, è solamente una questione di semplici regole che possiamo seguire facilmente, come darsi dei limiti di tempo nell’uso (ad esempio 5 minuti ogni 90), o tenerlo in tasca quando siamo fuori con gli amici.

E voi cosa ne pensate? Fate parte anche voi dei dipendenti dallo smartphone?

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