Quando l’industria è chiamata a progettare batterie per impieghi particolari come l’equipaggiamento di dispositivi medici impiantabili o device wearable, non si può prescindere da alcune caratteristiche. Soprattutto per il primo tipo di impiego esse devono essere flessibili e prive di elementi chimici pericolosi se messi a contatto con l’organismo.

I tentativi finora più flessibili si sono mostrati troppo rigidi e pesanti, ma grazie agli sforzi di un team di ricerca cinese c’è una nuova speranza a cui aggrapparsi. Invece di utilizzare elettroliti tossici e corrosivi si è sperimentata una batteria a base di sostanze come solfato di sodio, soluzione salina e un’altra solitamente utilizzata per la coltura cellulare.

Sebbene sia comunque auspicabile che queste non entrino a contatto con l’organismo, l’infausta ipotesi in cui ciò avvenisse sarebbe molto meno pericolosa rispetto al caso delle sostanze chimiche contenute nelle batterie “tradizionali”. Ciò ha permesso di ridurre il quantitativo di schermature contro la fuoriuscita dei liquidi, favorendone la flessibilità senza aumentarne il peso.

Il team si è accorto in corso d’opera di un possibile utilizzo alternativo delle loro scoperte. “Potremmo impiantare nel corpo umano degli elettrodi a forma di fibra la cui deossigenazione garantita potrebbe addirittura condurre alla morte delle cellule cancerose. Naturalmente al momento è solo un’idea che vogliamo approfondire con biologi e scienziati”, ha dichiarato uno dei ricercatori.