La recente riforma della legge penale ha introdotto i cosiddetti “dispositivi informatici”, altresì noti come trojan di Stato, aprendo la strada a nuovi inquietanti scenari relativi alla privacy dei cittadini italiani. Anche se la legge pone dei limiti ben precisi sul loro utilizzo, ci sono parecchie zone d’ombra che dovranno essere ” illuminate” da decreti correttivi.

Al momento non sono note le modalità di realizzazione dei trojan di Stato che dovranno essere prodotti da aziende certificate e in qualche modo affiliate alla magistratura. In questo modo si eviterebbero influenze esterne che potrebbero contribuire a togliere credibilità alle istituzioni.

È inoltre previsto il deposito del codice sorgente dei trojan, permettendo così alla difesa di accedere ai dati raccolti dalla magistratura prima dell’inizio dei procedimenti penali. Quello che però non è chiaro è quali saranno i limiti dei malware prodotti: potranno accedere a qualsiasi contenuto dello smartphone?

Come andranno a impattare sulle prestazioni degli smartphone? Come potremo sapere se le intercettazioni conterranno informazioni che esulano dalle indagini? E come verranno trattate le informazioni così raccolte? La scarsa discussione nelle aule del Parlamento, avvenuta in seguito alla decisione di porre la fiducia su testo della legge, ha suscitato molte critiche da parte di esperti e associazioni, che sperano in una serie di decreti correttivi.

Sono davvero tanti i dubbi sollevati dalla legge e starà alle istituzioni chiarirli e fornire i necessari chiarimenti per rassicurare i cittadini.

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