Era abbastanza prevedibile che l’acquisizione del sistema operativo di Pebble da parte di Fitbit fosse dettata dal desiderio di provare a percorrere strade finora relativamente inesplorate da parte della società californiana, che per il momento, Fitbit Blaze a parte, non si è allontanata dal segmento dei fitness tracker.

Anche se il mercato degli smartwatch conta davvero poco rispetto ai fitness tracker quando si parla di dispositivi indossabili secondo James Park, CEO di Fitbit, che sostiene di non aver ancora visto sul mercato un vero smartwatch che sia riuscito a combinare funzionalità, gestione delle attività fisiche, design e autonomia, quindi il margine per realizzare un dispositivo in grado di cambiare le regole esiste e il sistema operativo sviluppato da Pebble potrebbe essere la chiave.

Fitbit non dovrà seguire l’esempio dei produttori che hanno scelto di utilizzare Android Wear, il cui sviluppo sembra essere rallentato drasticamente, e non dovrà sviluppare un proprio sistema operativo da zero, potendo invece contare su alcune migliaia di applicazioni di terze parti già sviluppate per la piattaforma Pebble che unite alle tante integrazioni con app di terze parti di cui dispone Fitbit potrebbe garantire un’ottima base di partenza per una nuova generazione di smartwatch.

Come sottolinea però Julie Ask, vice presidente alla Forrester Research, all’utente medio non servono migliaia di applicazioni complesse ma poche applicazioni di semplice utilizzo, che non replichino la controparte già presente sullo smartphone ma che siano offrano funzioni complementari e semplici da effettuare.

L’acquisto di Pebble è stata dunque un’ottima idea, che andrà però sviluppata per ottenere dei risultati concreti.