Oramai gli smartphone si somigliano un po’ tutti. Sia in termini estetici che di hardware, i top di gamma sono di fatto allineati in quanto a prestazioni e fruibilità. Uno dei pochi ambiti in cui le case riescono ancora a differenziare il loro prodotto dalla concorrenza è quello fotografico, e qui entra in gioco DxO Mark di cui certamente avrete sentito già parlare.

In caso contrario, sappiate che il portale sale alle cronache per le recensioni di fotocamere, prima quelle “vere” e solo in un secondo momento quelle degli smartphone. Il famoso punteggio non è in centesimi, e l’attuale miglior cameraphone, sempre secondo DxO Mark, è Huawei P20 Pro (qui la nostra opinione).

Data la notorietà del portale e le valutazioni sventolate come vessilli di vittoria da parte degli uffici marketing delle case produttrici, sempre più gente si è trovata a congetturare sulla più classica delle domande: è possibile che DxO Mark abbia ricevuto dei soldi per recensire questo o quell’altro gadget e magari per esasperarne le qualità?

Ebbene: in un’intervista rilasciata ai colleghi di Android Headlines, Nicholas Touchard – vice responsabile marketing di DxO Mark – ha ammesso che… sì, più volte in passato hanno dovuto gestire situazioni in cui venivano offerti dei soldi in cambio di recensioni su alcuni prodotti.

Secondo Touchard non erano “mazzette”, piuttosto “provenivano da aziende che non avevano compreso il nostro modello di business”. Che spiega: DxO Mark non basa il suo business sulle valutazioni di smartphone, e nemmeno di mirrorless. Non vivono né vogliono vivere di questo.

Smartphone e compagnia servono ad accrescere la notorietà del brand, che guadagna poi su corsi e consulenze di indirizzo fotografico. È questo core business a renderli indipendenti e capaci di rifiutare ogni offerta, e di scegliere cosa recensire e cosa no senza alcun obbligo.

Ragion per cui si può essere o non essere d’accordo su voti e giudizi espressi, ma rispecchiano e rispecchieranno la loro libera opinione.

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