La polizia federale brasiliana ha arrestato a San Paolo il vicepresidente di Facebook per l’America Latina, Diego Dzodan. L’arresto preventivo è stato autorizzato da un giudice di Lagarto, città dello Stato di Sergipe, e motivato dalla (presunta) mancanta collaborazione da parte di Facebook nelle indagini condotte dalla polizia.

Arrestare il vicepresidente di Facebook è una decisione destinata a far discutere, che segue il rifiuto di Apple di collaborare per le indagini condotte dalla FBI sul terrorista di San Bernardino. Facebook non avrebbe fornito agli inquirenti il contenuto delle conversazioni di WhatsApp, società di sua proprietà, che riguardavano persone sospettate di scambiarsi informazioni sul traffico di droga.

La risposta di Facebook non si è fatta attendere: “Siamo dispiaciuti per la misura estrema e sproporzionata per la scelta di portare un dirigente Facebook presso una stazione di Polizia in relazione ad un caso che coinvolge WhatsApp, che opera separatamente da Facebook. Abbiamo sempre collaborato con le autorità brasiliane”, ha commentato un portavoce dell’azienda interrogato da The Verge.

Un portavoce di Whatsapp ha precisato in un comunicato che “[…] non possiamo fornire informazioni che non abbiamo […]. WhatsApp non memorizza i messaggi delle persone. Li trattiene fino a che non vengono consegnati, dopo esistono solo sui dispositivi degli utenti. Nessuno può intercettare o compromettere i messaggi degli utenti”. Sarà vero? Certo è che le polemiche non finiscono qui.

Via, Immagine: ANSA.it