Negli ultimi anni sono tanti i produttori ad aver allungato il supporto software per i propri smartphone, soprattutto per quanto riguarda la fascia più alta. Per ogni dispositivo, prima o poi arriva comunque il momento finale del ciclo di vita, nel quale l’utente si ritrova “costretto” (o spinto) a pianificare l’acquisto di un nuovo prodotto. Ma perché i dispositivi diventano obsoleti? E quando? Quest’oggi ci dedichiamo a una riflessione al riguardo, intrecciando le questioni aggiornamenti software, limiti tecnici e sicurezza.

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Gli smartphone e il ciclo di vita: la questione “obsolescenza”

Quello che viene contrassegnato come uno smartphone EoL (End-of-Life) è un prodotto ormai “abbandonato“: non è più supportato dal produttore con aggiornamenti software, tra patch di sicurezza e nuove funzionalità; è arrivato il punto in cui il produttore smette di mantenere e migliorare attivamente il dispositivo, e sebbene il telefono possa ancora funzionare, utilizzarlo oltre la data di fine vita può comportare rischi per la sicurezza a causa proprio di questa mancanza di aggiornamenti.

Hardware, software, costi e sicurezza

Sappiamo che il software fa costanti passi avanti, con nuove funzionalità sempre più avanzate e “abbellimenti” estetici che richiedono sempre più risorse al sistema: con il passare delle generazioni, i nuovi modelli possono godere di hardware sempre più potente, così che possano essere in grado di gestire le richieste sempre maggiori di carico (basti pensare alle risorse richieste dall’IA ultimamente, in particolare per l’uso in locale).

A un certo punto, nonostante la buona volontà dei produttori, l’hardware “invecchia” e raggiunge il suo limite, non riuscendo più a gestire il software moderno. La prima a risultare limitante potrebbe essere la CPU, che supporta fino a un certo quantitativo di memoria RAM: le moderne funzionalità di un Android 16, ad esempio (o della One UI 8, di HyperOS 3 e così via), potrebbero richiedere almeno 4 GB di RAM (per dire), e un dispositivo con meno di questo valore potrebbe non essere volontariamente aggiornato per evitare evidenti peggioramenti nell’esperienza utente.

Non è comunque solo per questo che uno smartphone (ma vale anche per altri prodotti tech) viene a un certo punto abbandonato. La decisione di un’azienda di dismettere un dato prodotto può basarsi anche su calcoli economici: aggiornare e mantenere il supporto ha un costo, e quando viene raggiunto un ROI negativo (cioè quando i costi per sviluppare e rilasciare patch e update supera i ricavi), viene abbandonato. Questa strategia di business può prevedere dunque un ciclo di vita del prodotto artificialmente limitato per ridurre l’intervallo tra acquisti ripetuti dei prodotti: un modello che può funzionare soprattutto per quelle aziende che godono di un brand forte e di “fedeltà” da parte degli utenti.

Entra in gioco anche la questione sicurezza: al giorno d’oggi, le minacce online sono sempre più agguerrite, e il tema cybersecurity risulta sempre più importante. Negli ultimi tempi, i vari produttori sono passati a supporti decisamente più lunghi, che arrivano anche a cinque o sette anni: quando un dispositivo raggiunge ufficialmente il suo momento di fine vita, il produttore interrompe la distribuzione di patch di sicurezza.

Questo rende il dispositivo vulnerabile, e i malintenzionati lo sanno: proprio per questo possono prendere di mira deliberatamente questo genere di prodotti, un po’ come accaduto qualche anno fa con il ransomware WannaCry, di cui abbiamo avuto modo di parlare; in quel caso, il ransomware ha sfruttato versioni non aggiornate di Windows, dando non pochi problemi alle varie aziende. Ricordiamo inoltre che una violazione dei dati riconducibile a hardware non conforme e non supportato può comportare sanzioni normative e azioni legali collettive.

Il ransomware è uno dei tipi più comuni di minaccia: i criminali possono crittografare file personali e richiedere un pagamento per il loro rilascio. Possono dunque esporre informazioni sensibili come foto private, messaggi e dati finanziari. In alcuni casi, i malware possono puntare al furto di credenziali bancarie, registrare le sequenze di tasti premuti (per le password, ad esempio) o addirittura dirottare il dispositivo in una botnet, una rete di computer compromessi per lanciare ulteriori attacchi.

malware smartphone android

Le app sono importanti

In tutto questo, a percepire le conseguenze delle decisioni di fine vita di smartphone e altri prodotti sono ovviamente i consumatori. Uno smartphone non più aggiornato non smette di funzionare appena terminato il supporto del produttore, ma nel tempo sempre più app possono smettere di funzionare: quando queste risultano particolarmente importanti (come WhatsApp, giusto per fare un esempio), l’utente si ritrova “costretto” ad aggiornarsi.

Gli sviluppatori di terze parti stabiliscono requisiti minimi a livello di sistema operativo, così da ridurre i costi di sviluppo e i test (più versioni di Android, più possibili bug, più test, più costi); in questo modo, a un certo punto decidono di interrompere il supporto, lasciando a piedi gli utenti. Questo capita su Android, ma anche e forse soprattutto con iOS, nonostante l’ampio supporto fornito da Apple, contribuendo all’obsolescenza.

Il “paradosso” negli USA: il ciclo di sostituzione medio degli smartphone si accorcia

Nonostante sempre più produttori abbiano aumentato e migliorato gli sforzi per quanto riguarda il supporto software (alcuni, tra cui Google e Samsung, arrivano a sette anni), i dati dicono che il ciclo di sostituzione medio da parte dei consumatori statunitensi si sta accorciando; secondo i numeri e le proiezioni di BankMyCell (via Android Police), sito web che confronta i prezzi di diversi siti di compravendita di dispositivi elettronici, rispetto al 2019 (2,96 anni) nel 2024 e nel 2025 possiamo vedere un calo (siamo vicini ai 2,5 anni, lato consumer).

Questo significa che le persone tendono a sostituire lo smartphone anche prima della fine del ciclo di vita: anche con le permute (utilizzate soprattutto sulla fascia alta), questo comportamento ha un costo importante nel tempo, soprattutto se la sostituzione avviene frequentemente, prima ancora che il costo di acquisto venga “ammortizzato” negli anni (e naturalmente senza problemi hardware significativi che la giustifichino).

Un occhio al supporto, ai ricondizionati e… agli utilizzi alternativi

Prima di procedere all’acquisto di un nuovo smartphone, è buona cosa verificare il supporto software: negli anni, alle volte può venire a costare meno un modello dal listino più costoso, ma con supporto più longevo. Questo sempre senza considerare eventuali “capricci” per avere il modello più nuovo, la funzionalità più cool e così via. Per aiutarvi potete consultare il nostro approfondimento dedicato al supporto software dei principali produttori, ma potete anche rivolgervi ai siti ufficiali delle aziende (Google stessa risulta piuttosto precisa nella sua pagina di supporto relativa ai Pixel).

Nonostante gli utenti tendano a guardare al numero delle versioni di Android, legato alla quantità di nuove funzionalità che saranno proposte nel ciclo di vita del prodotto, è in realtà persino più importante guardare le patch di sicurezza.

L’attenzione agli anni di supporto diventa se possibile ancora più importante al momento dell’acquisto di un modello ricondizionato. Questi prodotti possono risultare convenienti e sostenibili, offrendo sia un risparmio economico sia una riduzione dell’impatto ambientale. Andando ad acquistare un modello già in circolazione da un po’, si corre però il rischio di trovarsi “a piedi” con gli aggiornamenti prima di quanto previsto: un dato da considerare.

Quando uno smartphone o un tablet diventa “obsoleto”, privo di patch di sicurezza recenti, può però continuare a funzionare in modi alternativi: finché resta offline, non ci sono grossi timori in tal senso. Un esempio? Potreste trasformare il vostro tablet in una cornice digitale per le fotografie, o magari sfruttarlo per la lettura, per le ricette in cucina e così via. Gli smartphone possono essere trasformati in webcam con alcune applicazioni specifiche, con una qualità spesso superiore alle webcam tradizionalmente integrate nei notebook (sempre con la dovuta cautela, se usati “connessi”).


E voi quanto spesso sostituite il vostro smartphone Android? Tendete ad arrivare fino alla fine del reale ciclo di vita di un prodotto, o vi lasciate “tentare” dalle funzionalità e dalle migliorie hardware dei nuovi modelli? Raccontateci le vostre esperienze.