Questa volta Telegram non è oggetto di interesse per qualche nuovo aggiornamento delle funzioni ma per una novità potenzialmente rivoluzionaria che potrebbe minare il successo che l’app si è guadagnata in questi anni. Pavel Durov, CEO di Telegram, ha infatti dichiarato che l’app fornirà ai governi nazionali, quando necessario, più dati personali degli utenti.

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Le due facce della sicurezza

Tra i motivi per cui Telegram in questi anni è riuscita a ritagliarsi una certa notorietà e apprezzamento da parte degli utenti c’è sicuramente quello della privacy. La crittografia end-to-end e la funzione Secret Chats, ma anche la possibilità di usare l’app senza una scheda SIM, sono alcune di quelle peculiarità che hanno reso l’app molto apprezzata. Non a caso sulle FAQ di Telegram si legge come fino a oggi siano stati divulgati 0 byte di messaggi degli utenti a soggetti terzi, compresi i governi.

Il rovescio della medaglia è che, come spesso accade, rendere un’applicazione al sicuro dai controlli esterni la trasforma in un terreno potenzialmente fertile per tanti malintenzionati. Ed è quello che è avvenuto in questi anni con Telegram che è diventato il mezzo con il quale in tanti hanno potuto compiere numerose azioni illecite.

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Ed è il motivo per cui, anche se in maniera per molti aspetti sorprendente e altrettanto critica, ad agosto Pavel Durov è stato incriminato in Francia. Gli vengono imputati 12 capi d’accusa per crimini (tra cui reati di pornografia infantile, traffico di droga e transazioni fraudolente) che sono avvenute proprio su Telegram e anche grazie a quella crittografia che ha consentito ai criminali di agire più o meno indisturbati.

Ora i termini sembrano ribaltarsi con Telegram che se dovesse ricevere richieste legali valide da un ente governativo comunicherebbe loro il numero di telefono e l’indirizzo IP della persona indagata. Il fine (perseguire le attività criminali) è assolutamente condivisibile ma lo è meno che l’ago della bilancia penda eccessivamente verso le azioni di controllo dei governi perché (per quanto possa apparire remota come ipotesi) questi potrebbero abusare di questa opportunità andando a violare la privacy degli utenti e agendo anche in maniera tale da mettere a rischio la loro libertà di espressione e altri diritti fondamentali.

Quanto accaduto potrebbe aver portato Durov a decidere di “cedere” e allinearsi alle richieste dei governi nazionali. Già a inizio mese il CEO di Telegram aveva annunciato diverse novità come quella che prevedeva la moderazione delle chat private. Questi cambiamenti potrebbero rendere Telegram un posto più sicuro ma altrettanto probabilmente meno unico e diverso dagli altri. E non è da escludere che come conseguenza di queste dichiarazioni e cambiamenti della policy dell’app possa esserci da parte di molti utenti – anche se in maniera lenta – un abbandono di Telegram verso altre piattaforme.