Premessa: subito.it è uno strumento eccezionale per vendere e acquistare rapidamente gli oggetti più disparati, ma al pari di qualsiasi strumento reale o virtuale va utilizzato cum grano salis. Analogamente ai portali simili, “liberi” e privi di tutele come Kijiji, Bakeka o il mercatino di Facebook, può trasformarsi rapidamente nel luna park dei truffatori. L’ormai celebre truffa della Costa d’Avorio sembra essere passata di moda, ma l’ammirevole creatività dei malintenzionati permette loro di non rimanere mai con le mani in mano, anzi di rinnovare un impiego per nulla nobile ma molto remunerativo. I tentativi di raggiro possono quindi assumere le connotazioni più disparate, per cui durante una trattativa è essenziale mantenere la lucidità necessaria per non vacillare di fronte ai tanti soldi di cui i truffatori ci fanno percepire solamente l’odore: nella vita nessuno regala niente, specie su internet dove l’identità può essere nascosta in modo relativamente semplice.

Google Pixel 4 e il compleanno imminente

Ecco i fatti, ma prima sgomberate il divano e preparate i popcorn. Se non ne avete comprateli e tornate dopo. Circa tre settimane fa ho messo in vendita il mio Google Pixel 4. Andava alla grande nonostante una caduta che ha danneggiato telaio e vetro posteriore, quindi il prezzo era rapportato ai danni. In poco tempo ho collezionato decine di proposte, ma non è mai semplice vendere alla cifra che accontenti venditore ed acquirente, per cui sapevo già che sarebbero serviti molti giorni e buone riserve di pazienza.

Neanche venti minuti dopo la prima ri-pubblicazione dell’annuncio su subito.it ricevo un WhatsApp da un account business straniero. Chiede il prezzo finale, spese di spedizione incluse. L’inserzione indica 299 euro, il preventivo del corriere una ventina: farebbero 320 euro, dico 330 per tenermi un discreto margine di trattativa. Che tuttavia non è mai partita.

Ok”, risponde telegrafico. “Impossibile”, dico come se lo avessi davanti. Cerco su internet lumi su truffe che coinvolgano Northampton, do in pasto a Google il numero che mi ha contattato (anzi, +1 646 547-8582, a beneficio dell’indicizzazione dei motori di ricerca), ma nulla. Inizio a pensare che sia fatta, che il sogno di qualsiasi venditore lo avrei vissuto io: acquirente trovato in un baleno, nessuna trattativa da imbastire, e pure il mio no secco a Western Union, che avrebbe potuto infrangere i sogni di gloria, viene superato agilmente: va bene anche il bonifico bancario.

“Pagherò”

Tutto molto bello, fin troppo. Al punto che mi si accende la lampadina: non sarà mica che l’archetipo degli acquirenti, quello a cui non è stato ancora svelato che si può trattare sul prezzo, pensa che io spedisca il Pixel 4 prima di sentire il fruscio delle banconote? Gravemente improbabile, ma vale la pena di chiedere per evitare perdite di tempo ed illusioni ad entrambi. Bingo. “Ti capisco, ok”, dice, ma “è garantito al 100% (da chi?) che i soldi verranno accreditati sul tuo conto”; del resto, aggiunge, “voglio davvero avere il telefono per mia moglie come regalo per il suo imminente compleanno”. Verosimile. Chi non sarebbe raggiante di ricevere in regalo un telefono usato con un posteriore così?

È una truffa. A questo punto, alle 23:06 di un giovedì qualsiasi, sparisce di colpo quell’ansietta irrazionale che monta quando gli eventi si susseguono con una rapidità impronosticabile, nonostante apparentemente vadano alla grande. Un po’ stordito e con la scatola cranica assalita da punti di domanda neanche fosse un vagone della metro nell’ora di punta, opto per un paio di messaggi interlocutori in attesa di capire come volessi muovermi.

Ma ancora una volta tutto avviene rapidamente, e l’incalzare di quello che sarebbe diventato il mio migliore amico fino al giorno seguente è esilarante. Nella mezzora tra le 23:13 e le 23:42 cerco di far capire al truffatore con una serie di contraddizioni e paradossi nemmeno troppo sottili di aver mangiato la foglia per costringerlo alla resa. Ma il nostro eroe non arretra di un passo, è un osso duro e la sua fiducia di mettere le mani sul bottino meriterebbe un encomio. Nemmeno io però ho intenzione di arrendermi: voglio impegnarlo il più possibile in una trattativa fasulla, la nostra, con la speranza di togliergli del tempo per intavolarne una vera con qualcun altro.

Banca Krapfen Italia

Alle 23:45 il colpo di scena. Lo scambio si interrompe, non visualizza né riceve più i messaggi. Panico. Non riesco ad arginare le domande che tornano ad affollare la mente. Mi ha bloccato? Chi ha ucciso L’Uomo Ragno? C’è vita su Marte? L’uovo o la gallina? La prima rimarrà sospesa fino al mattino successivo, delle altre cerco ancora le risposte. La notte mi fa riflettere sulla ricevuta di pagamento. Magari è con quella che affiora il genio, così circonviene il malcapitato di turno, mi dico. Un tentativo di truffa asfittico e banale ai limiti della decenza diverrebbe quindi un minimo più interessante. Cambio idea. Decido di calarmi nei panni della vittima e di andare a fondo per documentare l’evoluzione della vicenda così da mettere in guardia il prossimo su TuttoAndroid, ammesso che l’amico risponda. E l’amico, per fortuna, il mattino seguente risponde.

Nota. Ancora oggi, a distanza di una settimana, mi chiedo il motivo di quelle continue chiamate WhatsApp. Avrebbero potuto essere una sorta di squillo per attirare l’attenzione: se a cavallo del millennio combattevate i brufoli li ricorderete di certo con un pizzico di nostalgia. Inoltre non può esservi sfuggita l’incontinenza di “ok” del mio nuovo amico. Mi ricordano l’italiano di Rocco Commisso, patron italo americano della Fiorentina.

Finalmente vien fuori uno dei nomi utilizzati dal nostro truffatore fino ad allora rimasto anonimo, insieme ad una delle dozzinali contraddizioni che hanno affollato e affolleranno la conversazione; non vale neppure la pena di evidenziarle, siete certo svegli quel tanto che basta per coglierle. Sui dati necessari per il pagamento ho corso un rischio, me ne rendo conto. E per le mie nuove intenzioni avrebbe potuto essere un errore fatale non tanto inventare IBAN e BIC – del resto era evidente che il truffatore non avrebbe inoltrato alcun bonifico – quanto i nomi che ho scelto per me e la banca. L’indirizzo e-mail invece era davvero il mio perché volevo quella ricevuta.

Il triangolo no

Alle 11:19 l’ennesimo colpo di scena. La mail con la ricevuta di pagamento – inviata da un indirizzo macroscopicamente fittizio di Chase Bank e che contiene, com’è normale che sia, del materiale altrettanto fittizio di un’altra banca, Kingdom Bank – informa dell’esecuzione di un bonifico a “mio” favore datato 9 settembre 2020 (quindi trenta giorni prima), e soprattutto contiene un PDF che con me ed il mio Google Pixel non aveva nulla a che vedere. Investito dalle contraddizioni come un moscerino in tangenziale, torno su WhatsApp ed esco di senno: chi è Martin Westlake? E chi è Matteo, il destinatario del bonifico? Io sono Perla Madonna, perdio!

La goffaggine di Martin Westlake (o di Mitt Brook?) mi ha lasciato esterrefatto: solamente alla terza mail è riuscito ad inviare l’attestazione di pagamento con sopra il “mio” nome. Per due volte ne ho ricevuto una intestata ad uno sconosciuto, tale Matteo, con tanto di dati in chiaro. Raccolgo le energie residue e decido di incalzare per sottrargli più informazioni possibile, finché rimango basito della pochezza del malfattore che per provare la sua onestà mi ha inviato un selfie con un neonato in bella mostra. A quel punto la misura era colma, quindi lo “saluto” e lo blocco.

Lucidità e buonsenso, antidoti per neutralizzare le truffe

A questo punto avrete capito che si tratta di una truffa che fa acqua da tutte le parti. Con un pizzico di lucidità e buonsenso non regalerete neppure un secondo di troppo della vostra vita a questi farabutti. Lucidità che ad esempio ha tradito Matteo, il ragazzo a cui era intestata la ricevuta di pagamento fittizia che il truffatore mi ha spedito due volte per errore. Gli ho subito inviato una mail nel tentativo di metterlo in guardia, ma poco prima delle 20 della stessa giornata, dopo una risposta in cui aveva negato seccamente contatti con il truffatore, Matteo mi ha ricontattato confessandomi di avergli spedito una fotocamera nel pomeriggio. UPS, il giorno dopo, è riuscita per fortuna a invertire il viaggio del pacco verso l’Inghilterra salvando la fotocamera.

Cosa fare se si finisce in trappola, e come stare sereni?

Contattare lo spedizioniere è la prima cosa che vi consigliamo di fare semmai doveste leggere questo articolo o rendervi conto della truffa non troppo tardi, quindi appena dopo aver inviato qualcosa ad uno sconosciuto senza avere nulla di concreto tra le mani. Cedere un oggetto al nostro prezzo, per di più rapidamente, è il desiderio di chiunque venda qualcosa, per cui il rischio di compiere una mossa avventata è concreto specie se non si ha un curriculum da venditore navigato. In fondo se questi personaggi operano è perché c’è qualcuno che finisce nella ragnatela.

Dunque, in definitiva:

  • non spedite alcun oggetto prima che la cifra pattuita sia disponibile sul vostro conto corrente o sul saldo della carta su cui vi fate pagare;
  • non fornite alcun dato personale se il venditore o l’acquirente non vi convince;
  • diffidate di Western Union, Moneygram e servizi affini: come ci ricorda il Decalogo della Sicurezza di subito.it, che vi invitiamo caldamente a leggere, sono sistemi di pagamento non tracciabili che non permettono alle Forze dell’Ordine di identificare controparte in caso di truffa;
  • ricordate inoltre che la ricevuta di avvenuto bonifico, vera o falsa che sia, non certifica nulla né ha valore legale. Qualsiasi bonifico può essere annullato, delle volte entro due ore dall’emissione altre entro le ore 20 della giornata lavorativa di riferimento, per cui attendete sempre di ricevere il denaro.

Sembrano banalità, ma non datele mai per scontate.

Nota per i curiosi, bonus per chi è arrivato alla fine: il Google Pixel 4 l’ho venduto, 300 euro spedito.