Oltre a doversi destreggiare tra le mille cause legate all’infrazione di brevetti Google deve ora affrontare cause legali legate a pratiche anti concorrenziali. Vi avevamo parlato nei giorni scorsi della causa intentata da Yandex, noto motore di ricerca russo, contro il colosso di Mountain View, accusandola di limitare la visibilità dei motori di ricerca concorrenti.

Google ha appena avuto ragione in una causa intentata da alcuni consumatori americani, che accusavano Big G di bloccare i motori di ricerca rivali come Bing, obbligando i produttori a favorire le applicazioni di Google sugli smartphone Android. Secondo gli accusanti, questa pratica avrebbe portato ad un rialzo dei prezzi, causato dall’impossibilità dei competitor di proporre le proprie applicazioni in esclusiva.

Il giudice californiano che ha analizzato la causa ha dato ragione a Google, sostenendo che l’accusa non è riuscita a portare prove che dimostrassero una correlazione tra l’aumento dei prezzi e i nuovi e più restrittivi vincoli imposti da Google per l’utilizzo di Android. Secondo il giudice questo genere di accordi non può portare ad un’accusa di monopolio.

Se le accuse fossero fondate, i competitor di Google non farebbero una bella figura: sembra che il potere di Google sia così immenso da costringerli ad accettare accordi che vanno contro i loro interessi. Secondo Yandex l’apertura di Android appartiene al passato, visto che Google impone la presenza di Google Search e dei Google Mobile Services per concedere la certificazione, ma alcuni produttori, Xiaomi su tutti, propongono versioni di Android personalizzate e prive, per motivi legali, dei servizi Google senza lamentarsi in maniera così palese.

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