Nello scorso mese di aprile la Commissione Europea ha inviato a Google uno Statement of objections esprimendo alcune perplessità sulle politiche del colosso di Mountain View. In particolare la Commissione Europea chiedeva chiarimenti in merito alla preinstallazione delle applicazioni di Google all’interno dei dispositivi dotati di Android.

Ci sono voluti alcuni mesi affinché Google preparasse la risposta che è stata pubblicata su “The Keyword“, il nuovo blog ufficiale della compagnia, ma ne è sicuramente valsa la pena. Nel lungo documento, che potete leggere integralmente visitando il link a fine articolo, Google ricorda alla Commissione Europea l’origine di Android, un sistema operativo open source che offre scelte ad ogni curva, Choiches at every turn come afferma Kent Walker, vice presidente di Big G e autore del post.

Sono 1 300 i produttori che distribuiscono oltre 24 000 dispositivi con Android a bordo e che hanno permesso agli smartphone di essere ormai onnipresenti nelle nostre vite. Gli sviluppatori europei, 1 300 000 secondo Google, possono distribuire le loro creazioni a oltre un miliardo di utenti in tutto il mondo attraverso un’autostrada piena di possibili scelte alternative.

Kent Walker ricorda alla Commissione Europea, nel caso ce ne fosse bisogno, che Google opera in un mercato dove sono presenti dei competitor, prima fra tutte Apple e che le due compagnie sono in competizione, fatto noto anche ai cittadini europei che hanno risposto a una indagine di mercato della stessa Commissione.

In seconda battuta sembra che la Commissione Europea non tenga in considerazione gli sviluppatori e la pericolosità della frammentazione, che renderebbe loro impossibile la vita. Android è un sistema operativo Open Source e ogni produttore può prenderlo e modificarlo a proprio piacimento per adattarlo alle proprie necessità. Google vuole però semplificare le cose permettendo agli sviluppatori di fare il loro lavoro con la certezza che le applicazioni da loro create funzionino su ogni dispositivo dotato di Android.

Walker prosegue ricordando che la Commissione Europea afferma che Google non dovrebbe chiedere ai produttori di installare le proprie applicazioni. In realtà nessun produttore ha l’obbligo di preinstallare qualsivoglia app di Big G su uno smartphone Android, ma la maggior parte di essi lo fa per garantire agli utenti la presenza di una serie di strumenti familiari e di servizi base per l’utilizzo del loro dispositivo.

Le applicazioni preinstallate da Google ammontano a circa un terzo di quelle normalmente presenti sugli smartphone, mentre concorrenti come Apple e Microsoft sono a livelli decisamente superiori, in particolare la casa della mela morsicata che installa solamente le proprie app negli iPhone.

Gli utenti sono liberi di scaricare applicazioni alternative a quelle di Google e i 65 miliardi di download effettuati nel 2015 dal Play Store sembrano dare ragione a Big G. Per quanto riguarda Google Search, il vero pomo della discordia, Google afferma che è il prezzo da pagare per mantenere gratuito l’intera suite di programmi, il cui eventuale costo andrebbe a ricadere sugli utenti finali. Walker chiude con un’affermazione alquanto provocatoria nei confronti della Commissione Europea che lascia aperta la strada a uno scenario poco piacevole per il mondo Android:

“L’approccio della Commissione Europea potrebbe rovinare l’equilibrio (delle piattaforme open-source NdR) e ci manda un segnale involontario di favore per le piattaforme chiuse rispetto a quelle aperte. Significa minor innovazione, minor scelta, minor competizione e prezzi più alti. Non sarebbe un brutto risultato per noi. Sarebbe un brutto risultato per gli sviluppatori, per i produttori di smartphone e per gli operatori e, soprattutto, per i consumatori.”

Una affermazione che non lascia molto spazio all’immaginazione e rispedisce la palla alla Commissione Europea per il prossimo atto di questa sfida. A seguire il video accompagnatorio mentre a questo indirizzo trovate il documento integrale pubblicato da Google.