La possibilità di gestire i permessi delle app Android è stata introdotta solo “recentemente” in modo nativo e così dettagliato: da una parte ci permette di avere sotto controllo tutto ciò che consentiamo o neghiamo alle app installate, dall’altra possono essere un problema e un “fastidio”, specialmente per gli utenti poco esperti.

In alcuni casi sono piuttosto ovvi e di semplice comprensione: ad esempio se installiamo Google Maps risulta scontata la necessità di concedere l’accesso alla nostra posizione e al GPS; o ancora, se installiamo un dialer è obbligatorio fornire l’accesso ai contatti, al microfono e alle funzioni telefoniche. In altri casi è piuttosto superfluo concedere il permesso per l’accesso alla posizione da parte di un gioco, giusto per fare un esempio.

Questo “dedalo” di permessi potrebbe risultare in particolare complicato e mal gestibile (per la poca esperienza o per “pigrizia”) da parte dei neofiti, degli utenti “occasionali” o semplicemente di quelli non molto esperti del funzionamento delle app e del sistema operativo. I ricercatori dell’Università Canergie Mellon di Pittsburgh, considerata una tra le più prestigiose d’America e del mondo, hanno provato a semplificare le cose attraverso un’applicazione, Privacy Assistant. Parlando dell’argomento, Norman Sadeh, professore capo del progetto e direttore del Mobile Commerce Laboratory della CMU, sostiene infatti:

“Il problema con le autorizzazioni delle app è che ce ne sono un numero irrealisticamente elevato. Anche se hai solo 60 applicazioni sul tuo telefono e anche se hanno bisogno di soli 3 permessi ciascuna, si tratta di avere a che fare con 180 permessi da configurare.”

L’app, scaricabile gratuitamente dal Play Store, raggruppa le applicazioni e pone alcune domande all’utente per aiutarlo nella gestione dei loro permessi, perlomeno quelli di “base”: come potete vedere negli screen viene ad esempio chiesto se si ha intenzione di concedere l’accesso alla fotocamera ai social installati.

Pricavy Assistant utilizza il machine learning e l’apprendimento automatico per aiutare appunto gli utenti a controllare le informazioni che possono essere raccolte dalle applicazioni mobili; l’idea è sicuramente interessante ma presenta, almeno per il momento, importanti limiti: al di là della mancanza di compatibilità con moltissimi dispositivi, richiede i permessi di root (“vanificando” in un certo senso la sua idea di semplicità e immediatezza) e funziona fino ad Android 5.0 Lollipop; con Android 6.0 Marshmallow e 7.0 Nougat richiede invece necessariamente la disattivazione della signature verification, con tutto ciò che ne consegue.

Il “problema” dunque è ben lungi dall’essere vicino alla soluzione: del resto se si vuole maggiore controllo per la nostra privacy dobbiamo accettare configurazioni anche troppo “dettagliate” e complicate; i permessi delle applicazioni possono essere in un certo senso definiti un “male necessario” quindi?

Fateci sapere cosa ne pensate nel solito box dei commenti; tenete sempre sotto controllo i permessi che fornite alle applicazioni o premete semplicemente su “concedi” pur di rimuovere i “fastidiosi” popup?