In un mondo sempre più tecnologico ci ritroviamo spesso a tralasciare – o non sfruttare a pieno – le tecnologie che abbiamo a disposizione; così un programmatore italiano è riuscito a sfruttare la nota applicazione per la messaggistica istantanea Telegram per visualizzare sullo smartphone gli articoli della Costituzione Italiana, o un automa in grado di studiare la Divina Commedia e che può essere interrogato per qualche parola chiave.

Ma come è possibile tutto questo? La base di funzionamento sono gli open data, o dati aperti: in questo modo Telegram si trasforma in un servizio in grado di gestire a distanza database di dati aperti e pubblici; questi dati possono essere paragonati a piccoli mattoncini, parti di informazioni più complesse, e sono uno dei motori dell’attuale società dell’informazione.

Oggi si festeggia l’Open Data Day, una giornata dedicata ad iniziative ed incontri per capire meglio come sfruttare l’enorme patrimonio di informazioni aperte e accessibili che abbiamo a disposizione (giornata che potete seguire tramite il gruppo ufficiale Facebook o tramite l’hashtag #oddit16); le informazioni spaziano in tutti i campi, da quelle scientifiche a quelle legali, da informazioni governative a dati commerciali.

Sebbene le possibili ripercussioni sembrino molto allettanti, sono in molti a rimanere dubbiosi, sopratutto per alcune difficoltà oggettive: ad esempio, la definizioni di standard unici o di protocolli di qualità, o ancora valutazioni sugli effettivi vantaggi reali. Gli open data, infatti, non hanno ancora ricevuto una definizione ben condivisa come già è successo per l’open source o l’open access, ma vengono da molti considerati un elemento centrale dell’open government.

Secondo l’Open Knowledge Foundation, gli open data sono “dati o contenuti che chiunque sia in grado di utilizzare, ri-utilizzare e ridistribuire, soggetti, al massimo, alla richiesta di attribuzione e condivisione allo stesso modo”. Anche il legislatore italiano ha già provveduto a definire alcuni elementi essenziali degli open data:

  • devono essere disponibili con una licenza che ne permetta l’utilizzo da parte di chiunque, anche per finalità commerciali, in formato disaggregato;
  • devono essere accessibili mediante tecnologie dell’informazione e della comunicazione su reti telematiche pubbliche e private;
  • devono essere utilizzabili attraverso procedure automatiche e provviste dei relativi metadati;
  • devono essere gratuiti.

Insomma, gli open data sono un bene prezioso e come tale dobbiamo sempre più esserne consapevoli e trovare modi per sfruttarli al meglio; il nostro Paese sta iniziando la rimonta per quanto riguarda l’apertura dei dati, e negli ultimi mesi gli open data hanno permesso di rendere più trasparenti le pubbliche amministrazioni e di rendere disponibili nuovi servizi.

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