Quando pensate al futuro degli smartphone, qual è la prima caratteristica irrinunciabile che vi viene in mente? Per alcuni potrebbe essere uno smartphone flessibile, per altri un dispositivo che non necessita di ricarica: tranquilli, però, perché la ricerca si sta muovendo in entrambe le direzioni.

Per ottenere uno smartphone flessibile tutti i componenti che lo formano devono essere flessibili: così uno studio condotto dall’University of Exeter propone una soluzione per realizzare memorie flash in grado di flettersi; la base di tutto è ancora una volta il grafene, un materiale che consiste in uno strato monoatomico di carbonio e che sembra sempre chiamato in causa quando si parla di innovazione.

Il materiale in realtà non è puro grafene, ma un ibrido formato da ossido di grafene e ossido di titanio, in grado di essere utilizzato come supporto di memoria con tempi di lettura e scrittura dell’ordine dei 5 nanosecondi; il componente sviluppato misura solo 50 nanometri di lunghezza, ed è spesso appena 8 nanometri.

Altra novità arriva invece dall’Australia, e in particolare dalla RMIT University, dove alcuni ricercatori stanno affrontando i sempre più fastidiosi problemi che affliggono le comuni batterie; ecco quindi entrare in campo i supercondensatori, dispositivi dotati di una elevata velocità nella carica (e nella scarica) e che spesso sono associati alle celle solari come componenti per l’immagazzinamento dell’energia prodotta.

I ricercatori sarebbero riusciti a sviluppare un elettrodo in grado di aumentare la capacità offerta dai supercondensatori del 3000%, un risultato eccezionale che deriva ancora una volta dallo studio della natura e, in questo particolare caso, da una particolare pianta, e che ha portato il team a sviluppare una tecnologia basata su frattali.

Entrambe le tecnologie sono ovviamente ancora in fase di sviluppo, e dovrà ancora passare del tempo prima che possiate trovarle all’interno dello smartphone che tenete in tasca.