La tragedia della guerra in Ucraina conseguita all’invasione della Russia è arrivata al giorno numero 75 e la tensione è ancora alta, nel frattempo la notizia che arriva è di quelle significative per il settore tecnologico: alcuni importanti produttori cinesi — tra i quali spiccano i nomi di Xiaomi e Lenovo —, secondo quanto riferisce The Wall Street Journal, hanno smesso di fare affari in Russia senza alcun clamore mediatico e contravvenendo agli avvertimenti di segno contrario in arrivo da Beijing.

Alla base di questa scelta dei giganti cinesi del settore tech, di portata non esattamente trascurabile sotto molteplici punti di vista, ci sarebbero le pressioni esercitate dalle sanzioni del mondo occidentale, con gli Stati Uniti in testa (delle minacce di nuove sanzioni a Huawei in caso di supporto alla Russia vi avevamo già parlato a tempo debito in un articolo dedicato), e dei fornitori.

I produttori cinesi fermano gli affari in Russia

A dispetto delle esortazioni di Beijing a non piegarsi alle menzionate pressioni occidentali, dunque, pare che sia in atto una vera e propria ritirata delle compagnie tecnologiche cinesi dalla Russia. Pure in assenza di annunci ufficiali in tal senso, informazioni riferite da persone vicine a tali questioni fanno riferimento a “numerose società” cinesi, che pure dominano il mercato russo per tantissimi prodotti.

I due nomi più grandi menzionati, come detto, sono quelli del colosso dei PC Lenovo Group Ltd. e del produttore di smartphone e di tantissimi altri prodotti tech di vario genere Xiaomi Corp. A differenza di quanto fatto da numerose altre società del settore — basti pensare agli esempi di Apple e Samsung —, in questo caso non sono arrivate comunicazioni ufficiali di sorta, né in generale in merito alla guerra in atto in Ucraina, né più nello specifico in relazione al proprio giro d’affari in Russia, stante l’aperta opposizione di Beijing alle sanzioni imposte dall’Occidente e le parole molto chiare del Ministro del Commercio cinese su eventuali prese di posizioni pubbliche.

lenovo russia

Computer Lenovo in vendita a Mosca a marzo 2022

Da questo punto di vista c’è da segnalare la mosca bianca SZ DJI Technology Co.: alla fine del mese scorso, l’arcinoto produttore cinese di droni aveva annunciato la sospensione delle vendite sia un Russia che in Ucraina nell’ambito di una “revisione interna dei requisiti di conformità in varie giurisdizioni”.

Sanzioni e altre pressioni sulle società cinesi

Come detto, i produttori cinesi dominano il mercato tech russo, tuttavia l’impatto della situazione attuale si era già fatto sentire: secondo i più recenti dati ufficiali, da febbraio a marzo le esportazioni di prodotti tecnologici dalla Cina verso la Russia erano crollate, con laptop in calo del 40%, smartphone giù di quasi 2/3 ed esportazioni di stazioni base per telecomunicazioni giù addirittura del 98%. Nello stesso periodo di tempo, le esportazioni globali della Cina verso la Russia sono calate del 27%.

Per la verità, l’economia cinese ha risentito anche della morsa del COVID-19 e del lockdown di Shanghai, che è la vera roccaforte delle esportazioni globali della Cina.

Adesso anche la guerra inizia a far sentire i propri effetti e nella ritirata dalla Russia dei colossi tech cinesi non si può sottovalutare il ruolo delle sanzioni finanziarie e delle misure riguardanti le esportazioni imposte dagli Stati Uniti e dagli alleati occidentali in seguito all’invasione russa ai danni dell’Ucraina dello scorso 24 febbraio. Come detto, gli USA avevano già minacciato sanzioni nei confronti delle società cinesi che non si fossero uniformate.

Secondo persone vicine alla questione, i principali produttori statunitensi di chip fornitori di aziende cinesi stanno a loro volta facendo pressione perché le regole vengano rispettate e i semiconduttori non finiscano in prodotti terzi spediti in Russia. Lo scorso marzo, un fornitore avrebbe inviato una lettera a tutti i propri clienti esortandoli a rispettare le regole, mentre il personale addetto alle vendite sarebbe stato incaricato di fare lo stesso.

Da parte sua, la Cina ha messo in campo una serie di misure per contrastare le sanzioni straniere, comprese regole che potrebbero imporre alle società cinesi di non conformarsi a sanzioni straniere considerate ingiustificate, tuttavia finora Pechino non ha emesso simili ordini di non conformità.

Alcuni prodotti continuano ad arrivare in Russia

Se da una parte questi nuovi sviluppi rischiano di allontanare ancora di più Cina e USA e di alimentare le ambizioni cinesi di dipendere sempre di meno dalla tecnologia statunitense, dall’altra va detto che alcuni prodotti continuano a passare lo stesso.

Ad esempio, l’operatore russo di telecomunicazioni Beeline (di proprietà della società olandese Veon Ltd), ha riferito di una spedizione di attrezzature per telecomunicazioni ricevuta agli inizi del mese da Huawei, parlando di un ordine frutto di valutazioni del 2021 su future esigenze infrastrutturali e sottolineando come il tutto fosse avvenuto nel rispetto delle leggi applicabili, compresi i controlli USA sulle esportazioni.

Gina Raimondo, Segretario al Commercio degli Stati Uniti d’America, aveva affermato lo scorso mese che le restrizioni imposte avevano più che dimezzato le importazioni russe di prodotti tech, lasciando la Russia a corto di semiconduttori e alla ricerca di parti per usi militari. In un’intervista di marzo al NYT, inoltre, aveva minacciato sanzioni ai produttori cinesi che non si fossero conformati alle regole.

Secondo Steve Brazier, chief executive di Canalys, i produttori cinesi di PC e altro non possono permettersi di perdere forniture di chip, per questo motivo sarebbero particolarmente motivati a rispettare le restrizioni. Kevin Wolf, ex funzionario del Dipartimento del Commercio e partner di Akin Gump Strauss Hauer & Feld LLP, ha sottolineato come, perché le esportazioni siano consentite, sia necessario che i prodotti vengano venduti direttamente a consumatori o organizzazioni non governative. La maggior parte dei fornitori di prodotti tecnologici vendono tramite distributori di terze parti e rivenditori locali.

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