Per molti l’inserimento di Huawei nella Entity List della Export Administration Regulations da parte del Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti d’America è stato un fulmine a ciel sereno, nato da un’illuminazione dell’amministrazione Trump.

In realtà, andando a leggere il documento con il quale sono state indicate le 69 compagnie (Huawei e 68 affiliate non residenti negli USA), che non potranno acquistare tecnologia dalle aziende americane, nemmeno tramite società di terze parti che acquistino a nome loro. In sostanza dunque non ci potrà essere una società di comodo che acquista i prodotti e li rivende a Huawei, visto che il bando include anche il trasferimento all’interno dello stesso Paese e la ri-esportazione verso altri Paesi.

Secondo alcuni la messa al bando era legata ai presunti problemi di sicurezza legati alle reti 5G, con gli USA che temono la presenza di dispositivi di intercettazione e spionaggio all’interno delle apparecchiature di rete, ma la realtà, o almeno il vero motivo del bando è completamente diverso.

Se ricordate il 2019 è iniziato con la notizia dell’arresto in Canada di Meng Wanzhou, figlia del fondatore di Huawei Ren Zhengfei, con l’accusa di aver condotto tra il 2009 e il 2014, rapporti commerciali con l’Iran in barba alle restrizioni introdotte da tempo dagli Stati Uniti.

C’è ancora l’Iran, e la ragionevole certezza che Huawei sia stata “coinvolta in attività determinate a essere contrarie alla sicurezza nazionale o agli interessi di politica estera degli Stati Uniti“, dietro all’ordine esecutivo firmato pochi giorni fa dal presidente Donald Trump.. La citazione è tratta dal documento con cui Huawei e altre 68 compagnie a essa legate, sono state inserite nella lista delle società alle quali è proibito acquistare tecnologia americana, se non dopo aver ottenuto una speciale licenza. La motivazione continua:

“…Huawei è stata incriminata nella Corte distrettuale degli Stati Uniti dell’Eastern District di New York per 13 casi di imputazione sulla violazione delle leggi statunitensi, incluse le violazioni dell’International Emergency Economic Powers Act (IEEPA), effettuando volontariamente e consapevolmente esportazione, ri-esportazione, vendita e fornitura, direttamente e indirettamente, di beni, tecnologie e servizi (bancari e altri servizi finanziari) dagli Stati Uniti all’Iran e al Governo dell’Iran, senza ottenere una licenza dal Dipartimento del Tesoro dell’Office of Foreign Assets Control…

Le altre 68 compagnie affiliate a Huawei sono state incluse nella lista in quanto è concreta la possibilità che operino in nome e per conto di Huawei, proseguendo nella violazione delle restrizioni verso l’Iran imposte dal Governo USA. Le compagnie incriminate hanno sede in ventisei Paesi diversi, tra cui anche nazioni europee come Belgio, Germania, Olanda, Regno Unito e Svizzera, ma anche Canada, Brasile, Giappone e molti altri.

A pochi giorni dalla pubblicazione del documento, disponibile da oggi nel registro federale, è stata aggiunta una nuova appendice, della quale vi abbiamo parlato stamattina, che concede una licenza temporanea alle 69 compagnie indicate in precedenza.

Il provvedimento è entrato in vigore ieri e avrà validità fino al 19 agosto, consentendo a Huawei e alle sue consociate di ottemperare agli obblighi di legge assunti con la vendita, avvenuta prima del 16 maggio, dei dispositivi negli Stati Uniti. Viene inoltre riconosciuta come necessaria la partecipazione di Huawei allo sviluppo dello standard 5G, visto il ruolo attivo apportato attraverso numerose organizzazioni internazionali, come IEEE, IETF, ISO, GSMA e 3GPP.

È dunque possibile che in questi 90 giorni venga aperto un dialogo per chiarire la situazione tra Huawei e il governo USA. Il tutto potrebbe concludersi con una pesante sanzione per la violazione delle restrizioni commerciali, o con la conferma del bando per il colosso cinese.

Per continuare a seguire l’evolversi della vicenda vi invitiamo a consultare la speciale pagina dove troverete tutti gli aggiornamenti sulla situazione.