Continuano i guai per Huawei nel Nord America dopo l’arresto di Meng Wanzhou, Chief Financial Officier di Huawei, avvenuto lo scorso primo dicembre da parte delle autorità canadesi. Il mandato di arresto proviene però dagli Stati Uniti, che hanno ovviamente richiesto l’estradizione, secondo cui Huawei avrebbe violato l’embargo nei confronti dell’Iran.

La dirigente è la figlia del fondatore del colosso cinese, Ren Zhengfei, e si trova a dover affrontare delle accuse non meglio specificate mosse dall’Eastern Disctrict di New York. Un portavoce di Huawei ha affermato che non sono state fornite informazioni chiare sui motivi che hanno portato all’arresto della donna, sottolineando come il gruppo cinese abbia rispettato tutte le leggi statunitensi e canadesi, e che sia in regola con tutti i controlli previsti dalle nazioni Unite, dagli USA e dall’Unione Europea.

Cresce così la tensione tra Stati Uniti e Cina, dopo il caso ZTE e dopo che nei mesi scorsi erano state emanate misure per impedire alle agenzie governative di utilizzare prodotti e servizi provenienti da Huawei. Le perplessità del mondo occidentale derivano dagli stretti rapporti, o almeno presunti tali, tra la compagnia e il governo cinese, accusato più volte di aggirare le restrizioni commerciali.

Le ripercussioni dell’arresto si sono fatte sentire anche sui mercati asiatici con perdite tra il 2 e il 3% nelle piazze principali. Inutile dire che per Huawei si tratta di una brutta tegola che rallenta ulteriormente la crescita nei mercati occidentali e rischia di estrometterla definitivamente dai mercati nord americani.