Dei problemi, reali o presunti, affibbiati ai nuovi Google Pixel 2 ne abbiamo pieni gli occhi (e forse anche altro). Quel che apprenderete a momenti è difficile da definire perché difficile da inquadrare. I nuovi flagship di Google sono affiancati da un caricabatterie da parete da 18 watt – 9 volt e 2 ampere – ma il processo di carica raggiunge picchi inferiori.

Da una prova effettuata, di cui vi riportiamo il grafico potenza/temperatura, emerge come il processo di carica di Google Pixel 2 XL raggiunga un picco di 16 watt limitato al momento in cui, a batteria scarica, viene connesso al suo alimentatore.

Quasi subito però la potenza assorbita si attesta poco sopra i 10 watt scendendo progressivamente dopo circa 50 minuti, quando la situazione è meno critica. Tutto normale, non fosse che la potenza dichiarata non viene mai neppure sfiorata.

Nessuno mette in dubbio che l’alimentatore sia stato costruito per raggiungere quei 18 watt pubblicizzati, ma non si capisce la ragione per cui quella potenza non venga sfruttata. L’ipotesi più credibile è che Google abbia deciso di ridurre l’amperaggio inviato alla batteria per limitarne l’usura.

Lodevole. Ma se fosse questa la motivazione reale, perché non dotarlo di un caricatore dimensionato correttamente?

Vai a: Recensione Google Pixel 2 XL: tanta qualità ma un peccato imperdonabile