Viviamo in un mondo in cui uno dei termini che più usiamo è tecnologia; la nostra stessa vita è segnata dalla tecnologia, le nostre azioni, il modo di pensare è così tanto plasmato dalla tecnologia che se di punto in bianco venissero a mancarci PC o smartphone non sapremmo che fare.

Le banche si basano sulla tecnologia, le aziende si basano sulla tecnologia, l’intero mondo si basa sempre più sulla tecnologia. Ma quando utilizziamo questo termine sappiamo effettivamente di cosa stiamo parlando?

Il termine tecnologia nasce nel 1769, ad opera di Johann Beckmann, olandese di trent’anni, che la identificava all’epoca come “disciplina che riguarda la manipolazione delle risorse naturali”; la definizione è certamente stata influenzata da Diderot e D’Alembert, che solamente qualche anno prima – nel 1750 – si erano ritrovati a raccogliere conoscenze tecniche e scientifiche nella loro Encyclopédie.

Etimologicamente, tecnologia deriva da tecne, che significa abilità, capacità creativa, ma anche scienza e conoscenza, e da logos, che significa discorso sistematico; con tecnologia possiamo quindi indicare un insieme di conoscenze, di abilità, di strumenti, sia teorici che applicativi, che abbiano l’obiettivo di ottenere risultati pratici e conseguire una prestabilita utilità.

Tutta questa – forse noiosa – introduzione era dovuta, al fine di arrivare alle ultime parole della frase precedente: “conseguire una prestabilita utilità”.

La tecnologia è stata infatti per millenni compagna dell’uomo, e più l’uomo si evolveva e più la tecnologia evolveva con lui, ma anche viceversa, in un caleidoscopio di evoluzione nel quale è ben difficile capire se sia l’uomo ad aver fatto progredire la tecnologia o la tecnologia a far progredire l’uomo.

Quel che è certo è che la tecnologia è sempre stata utilizzata con lo scopo di realizzare cose utili, che risolvessero problemi o che andassero a semplificare la vita dell’uomo. Uno strumento al servizio dell’essere umano. Ma cosa accadrebbe se la tecnologia perdesse questo suo obiettivo principe, evolvendosi solo per il piacere di farlo, senza un meta, senza una prestabilita utilità?

L’intenzione non è certo quella di mettersi in mezzo alla strada della tecnologia, che evolve ancora oggi in modo “sano” in molti campi. È innegabile, però, che da qualche anno quella che noi chiamiamo tecnologia ha perso contatto con le sue origini.

Prendiamo come esempio un argomento adatto in un blog come questo: lo smartphone che teniamo in tasca è realizzato con componenti, con processi, con tecnologie assolutamente avanzate, e ci permette di conseguire una prestabilita utilità (che sia questa quella di telefonare o di navigare sulla rete). Sbagliato.

Lo smartphone che teniamo in tasca ci permette sì di far questo, ma possiede una tecnologia così avanzata che il compito che noi gli affidiamo è sminuente nei suoi confronti. Ci troviamo davanti quindi ad una tecnologia così sviluppata non tanto per conseguire una prestabilita utilità, ma evoluta per il piacere di avanzare, di migliorare, fine a sé stesso.

Esempi come questo si possono fare in altri ambiti, e mostrano come oramai in molti campi la tecnologia abbia di gran lunga superato tutti i nostri bisogni, inclusi quelli più complessi e voluttuari, e si sia spinta più in là di una semplice soluzione ad un problema. Essa ha superato l’uomo, o perlomeno si è evoluta molto di più.

Mese dopo mese continueremo ad assistere alla presentazione di un nuovo dispositivo, sempre più potente, con sempre più funzioni dalla dubbia utilità, e sempre più distante dal termine tecnologia che utilizziamo per identificarlo.

Nonostante ciò, si potrebbe controbattere che tale evoluzione tecnologica priva di senso “pratico” potrebbe portare l’uomo ad avanzare di conseguenza: se io ho degli strumenti più avanzati, e al momento non sono in grado di sfruttarli al massimo, il solo fatto di averli disponibili può portarmi a pensare nuove cose atte a farmeli sfruttare; in questo modo non siamo più noi a sviluppare la tecnologia per un vero e proprio bisogno, ma sarà la tecnologia avanzata a farci sviluppare nuovi bisogni.

Ovviamente esistono casi complementari, in cui la tecnologia non è riuscita a far ciò: l’industria automobilistica, ad esempio, ancora schiava dei combustibili tradizionali (senza soffermarsi sul perché).

La domanda che sorge alla fine di questa – forse inutile – chiacchierata è molto semplice: ha senso continuare a far avanzare la tecnologia più di quanto non sia avanzato l’uomo?

E ve lo dice uno che ha uno smartphone in tasca che è molto probabilmente più potente del portatile dal quale sta scrivendo.

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